Un articolo a dir poco scandaloso per il contenuto di affermazioni destituite di fondamento, è la risposta di Repubblica all’incidente di caccia di qualche giorno fa nel Ponente ligure
È ancora una volta il quotidiano La Repubblica a conquistare la palma per l’informazione più distorta in materia di armi, nello specifico con l’articolo dal titolo “i cecchini a caccia” di Gianluca Di Feo. Casus belli, è il caso di dirlo, il tragico incidente mortale occorso a un 19enne ucciso con una fucilata in una zona di caccia nel Ponente ligure. La prospettiva proposta dal giornalista è quella consueta dell’accostamento tra armi da guerra e armi da caccia, fin dal sommario: peccato che, nel pezzo, si faccia una confusione terrificante tra informazioni tecniche (o sedicenti tali), con un risultato a dir poco grottesco, condito per di più da evidenti mistificazioni della realtà. Si esordisce, infatti, dicendo che “la pallottola che ha ucciso il diciottenne Nathan Labolani si chiama 300 Winchester: venne progettata durante il primo conflitto mondiale per la fanteria statunitense ed è stata usata dai soldati occidentali fino agli anni Settanta, dalle trincee della Francia alle risaie del Vietnam”. Peccato che Wikipedia (giusto per trovare una fonte accessibile a chiunque) ci dica, alla seconda riga, che il .300 Winchester è nato nel 1963. Forse i fanti statunitensi avevano la macchina del tempo. O forse, bisognava per forza trovare un accostamento tra una carabina (e relativa cartuccia) nati esclusivamente per l’impiego venatorio e le armi (micidiali, serve dirlo?) utilizzate in guerra dai soldati. E infatti, Di Feo precisa poche righe dopo che le armi imbracciate dalle squadre di cacciatori di cinghiali, “sempre più bellicose” (ovviamente…) sarebbero “le stesse dei cecchini di Sarajevo o di Aleppo”. Proseguendo poi con affermazioni ancor più gravi: “non è raro trovare chi va a caccia con il Dragunov, la variante da sniper del Kalashnikov convertita dai combattimenti urbani alle battute al cinghiale”. Potrebbe bastare anche così per un deferimento all’ordine dei giornalisti, ma il collega Di Feo evidentemente non vuole farsi mancare nulla e quindi chiosa la falsità suprema: “una proliferazione di strumenti di morte che con le nuove normative appena approvate dal Parlamento rischia di aumentare in numero e pericolosità, grazie ai minori controlli sugli acquisti di munizioni”.
Minori controlli? Ma se addirittura con il decreto entrato in vigore lo scorso 14 settembre è stata disposta la creazione di un database informatico centralizzato che servirà a tracciare ogni singola vendita non solo di armi, ma anche di munizioni con successivo interscambio di informazioni tra tutti i Paesi della Ue! Il Dragunov a caccia? Ma se il suo utilizzo venatorio è proibito dal 2015! Ma stiamo scherzando? Ma come è possibile che sia consentito pubblicare affermazioni di tale insultante falsità su un quotidiano nazionale di primaria diffusione?