La versione on-line del quotidiano La Repubblica si è occupata del fenomeno del Soft air in Italia, ovviamente con una indagine a metà strada tra l'apocalittico e il qualunquista. Oltre a fornire cifre abbastanza opinabili, ci si affretta a sottolineare gli aspetti antiecologici di questa attività, specificando che "normalmente, le munizioni di più largo consumo (le più economiche) sono in plastica. Ogni pallino pesa in media 0,25 grammi. Si calcola dunque che un solo giocatore è in grado di riversare sul suolo italiano un chilo di plastica ogni volta che gioca a softair. Se si moltiplica questo dato per i 70mila soldati della domenica si sfiorano le 70 tonnellate di materiale inquinante in un solo giorno. I proprietari dei campi attrezzati giurano che la plastica "viene rimossa periodicamente". Ammesso che sia vero, non si capisce però che fine facciano le migliaia di pallini sparati settimanalmente nei boschi". La risposta più semplice, se si fosse interpellata per esempio la federazione più grande d'Italia, la Figt, è che… scompaiono, visto che tutti gli affiliati all'associazione utilizzano pallini biodegradabili ormai da anni.
Non poteva ovviamente mancare l'aspetto psico-patologico, scodellato dalla psicoterapeuta Maria Gabriella Manno, secondo il quale "il softair può comunque portare gli individui a scaricare le proprie energie nel gioco, bloccando le capacità affermative nella vita". Forse sarà il caso di spiegarlo a Luca Tesconi, medaglia d'argento di Londra, appassionato giocatore di Soft air. A proposito di mancanza di affermazioni, tanto per dire…
Insomma, ancora una volta si è persa una occasione per fare informazione con la "I" maiuscola, preferendo la strada comoda del preconcetto. Complimenti…
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