Rsaf Em2 calibro .280/30

Il crollo del reich germanico, nel 1945, mise a disposizione dei tecnici alleati il patrimonio inestimabile di brevetti e prototipi di armi messi a punto per la Wehrmacht. Si trattava, a volte, di semplici tentativi, che difficilmente sarebbero potuti sfociare in applicazioni concrete. Altre volte, si trattava di veri e propri colpi di genio, che avrebbero influenzato la progettazione dei successivi decenni. Particolare in…

Il crollo del reich germanico, nel 1945, mise a disposizione dei tecnici alleati il patrimonio inestimabile di brevetti e prototipi di armi messi a punto per la Wehrmacht. Si trattava, a volte, di semplici tentativi, che difficilmente sarebbero potuti sfociare in applicazioni concrete. Altre volte, si trattava di veri e propri colpi di genio, che avrebbero influenzato la progettazione dei successivi decenni. Particolare interesse suscitò il concetto di munizione intermedia (8×33 mm kurz), abbinato a un’arma dall’elevata capacità di fuoco e con possibilità di tiro a raffica (Sturmgewehr 44). Una cartuccia più potente di quelle per pistola, ma meno di quelle per fucile e mitragliatrice, perfetta per i combattimenti della fanteria, compresi al massimo entro i 3-400 metri. In conseguenza di ciò, in Europa e negli Stati Uniti cominciò un intenso lavoro di sperimentazione. In Gran Bretagna, il team di lavoro risiedeva alla Royal small arms factory di Enfield ed era guidato da Edward Kent-Lemon e da Stefan Janson (quest’ultimo era polacco di origine, emigrato in Gran Bretagna a causa della guerra). Gli studi si indirizzarono verso un nuovo concetto di arma, con struttura cosiddetta bull-pup, ovvero con l’otturatore e il caricatore disposti dietro all’impugnatura e non davanti, come in un’arma convenzionale. In conseguenza di ciò, il calcio non era più una parte inerte destinata solo a dare appoggio alla spalla, ma diventava il contenitore del cuore dell’arma, cioè del sistema di alimentazione e chiusura. Anche i tedeschi avevano fatto qualche tentativo in tal senso, con un prototipo di carabina silenziata su meccanica Mauser e con alcuni prototipi di fucile d’ assalto ispirati all’Fg 42. Furono i tecnici inglesi, tuttavia, a rendere il concetto pienamente definito e operativo. Quali i vantaggi? Innanzi tutto, la compattezza: a parità di ingombro rispetto a un fucile convenzionale, un’arma bull-pup ha una canna molto più lunga o, al contrario, a parità di lunghezza di canna l’ingombro totale è decisamente inferiore.

 

Un altro aspetto decisivo è il bilanciamento: l’impugnatura è posta in corrispondenza del baricentro dell’arma e, quindi, è possibile l’utilizzo con una sola mano (come dimostrato dallo stesso Janson in una storica immagine). Furono sviluppati due prototipi, denominati Em 1 ed Em 2 (Experimental model 1 e 2), che si differenziavano principalmente nelle soluzioni ergonomiche. Furono anche studiate numerose tipologie di cartucce, in calibro .250, .270, .280, .300 e .330. Inizialmente (novembre 1947) fu adottata una cartuccia calibro .270 (7×46 mm), ma alla fine risultò più promettente una cartuccia calibro .280 (7×43 mm), camerata nell’Em 2. E qui cominciarono i problemi, determinati dal fatto che, nel 1949, nacque la Nato (North Atlantic treatise organization), e gli Stati Uniti esercitarono spinte piuttosto insistenti sul fatto che si adottasse un unico calibro per tutti i Paesi aderenti. Nello specifico, gli Stati Uniti si aspettavano che fosse adottato il “loro” calibro, la cartuccia calibro .30 che diverrà infatti, nel volgere di pochi anni e con qualche modifica, la 7,62 mm Nato. Dal 1945, però, primo ministro in Gran Bretagna era il laburista Clement Attlee, per nulla deciso a darla vinta agli americani (anche perché i britannici speravano che fosse la loro 7 mm a diventare standard Nato). Un primo compromesso consistette nell’unificare il diametro del fondello dei bossoli tra la .280 Enfield e la .30 americana, dando vita alla .280/30. Oltre, però, Attlee era deciso a non andare, e nel 1951 adottò l’Em 2 con la denominazione di “ rifle, automatic, caliber .280, number 9 mark 1”.

 

Ormai la strada sembrava aperta, ma un fatto decisivo cambiò per sempre la storia: nell’ottobre 1951, le elezioni furono vinte da Winston Churchill. Il vecchio leone, protagonista della seconda guerra mondiale, sapeva quanto fosse stato determinante il contributo statunitense alla vittoria e sapeva quanto sarebbe pesato in futuro nella contrapposizione dei blocchi Est-Ovest. Per questo, decise di dare il via libera all’adozione del calibro statunitense. Sfortunatamente, l’Em 2 non poteva essere adattato agevolmente al 7,62 mm Nato, quindi ci si rivolse a un’ altra arma: il Fal belga. È un dato di fatto che, all’atto della decisione di Churchill di adottare il 7,62 mm, l’Em 2, malgrado fosse stato formalmente adottato, non era ancora entrato in produzione di serie. L’esemplare che abbiamo avuto la fortuna di fotografare ha numero di matricola “ 6” , e sappiamo essere in circolazione nel continente americano i numeri di matricola “ 2” e “ 10” . Alcuni esemplari sono arrivati in Canada, perché anche lì dimostrarono un certo interesse nel progetto, pur senza far seguire, anche in questo caso, risvolti pratici. Possiamo, quindi, ipotizzare una produzione complessiva largamente inferiore ai 50 pezzi (forse anche ai 20 pezzi). Il calibro .280/30 è stato utilizzato, sempre a livello sperimentale, su alcuni Fal belgi. Per chi fosse così fortunato da possederne uno, segnaliamo che sia la Rcbs sia la Ch hanno in catalogo die custom per il .280/30 e che il bossolo può essere ricostruito dal .308 Winchester o dal .30-06. Non abbiamo osato percorrere questa strada, per timore di rompere qualche componente di un’arma praticamente unica. Il primo elemento di forte rottura rispetto ai fucili convenzionali è, ovviamente, l’impostazione bull-pup, ma non è l’unico: un’ altra profonda innovazione, per esempio, è data dal sistema di mira, costituito da un’ottica priva di ingrandimento e di regolazioni, dotata di un reticolo multiplo per compensare la caduta del proiettile alle differenti distanze. In pratica era un rudimentale, ma efficace, antenato dei red dot che solo oggi, nel XXI secolo, trovano diffusione e impiego in ambito militare.

 

In caso di messa fuori uso dell’ottica, sono presenti organi di mira di emergenza a scomparsa, costituiti da un mirino a palo abbattibile posto sul lato sinistro dell’estremità anteriore del cilindro del gas e da una diottra imperniata all’ estremità posteriore della maniglia di trasporto. Gli organi di mira metallici sono disassati a sinistra, ma questo non è un problema visto che, comunque, l’ impostazione dell’arma rende in pratica impossibile l’uso ai mancini. Dal punto di vista strettamente meccanico, l’arma utilizza un sistema a sottrazione di gas con pistone a corsa lunga. L’otturatore è dotato, come nel Gewehr 43 tedesco, di due alette frontali snodate che, inserendosi in apposite sedi nella culatta, lo mantengono stabilmente in chiusura. Quando il colpo parte, una quota dei gas di sparo viene spillata da un foro nella parte superiore della canna e si espande in una camera, spingendo la testa del pistone all’indietro. Il pistone è collegato a un blocchetto posto all’interno dell’otturatore che, in posizione di sparo, impedisce alle alette di bloccaggio di rientrare nelle loro sedi. Il movimento retrogrado del pistone fa arretrare di qualche millimetro questo blocchetto, consentendo quindi alle alette di ritrarsi quando le pressioni sono scese a livello di sicurezza. L’energia residua del pistone trascina all’indietro l’otturatore, ormai non più vincolato alla culatta, che estrae ed espelle il bossolo sparato. La finestra di espulsione è posta sul lato destro ed è protetta da un coperchio basculante parapolvere in lamiera. Un’ altra caratteristica insolita è il sistema di scatto: diversamente dalla quasi totalità dei fucili d’assalto, infatti, non si utilizza un cane interno, ma un percussore lanciato e il dente di scatto, destinato a mantenere il percussore in posizione arretrata fino alla pressione del grilletto, è fissato direttamente all’otturatore, nella parte frontale.

 

In tal modo, il pacchetto di scatto è costituito da una semplice leva di rinvio, che con la pressione del grilletto va a premere sul bilanciere del dente di scatto svincolando il percussore. Il bilanciere contrasta con il percussore grazie a una lunga molla a lamina posta nella parte inferiore dell’otturatore. Il sistema è molto ben congegnato, l’unico appunto che possiamo fare è relativo alla manetta di armamento, collocata direttamente sull’estremità anteriore del pistone di presa gas. Questo significa che, per far scorrere la manetta durante il funzionamento, sul lato destro del cilindro del gas è presente una larga feritoia, che espone il pistone all’ingresso di sporcizia e corpi estranei. La sicura è costituita da un nottolino posto davanti al ponticello, funzionante più o meno nello stesso modo della sicura del Garand. Il selettore per il fuoco a raffica è, invece, costituito da un traversino scorrevole posto sopra all’ impugnatura. La cadenza di tiro, secondo i testi consultati, è compresa tra i 450 e i 600 colpi al minuto. L’alimentazione è data da un caricatore bifilare a presentazione alternata della capacità di 20 colpi, trattenuto dalla classica leva a bilanciere posta in posizione centrale dietro al bocchettone. In tanta modernità, può forse stupire l’utilizzo del legno per l’impugnatura e l’astina. Quest’ultima è dotata di un ingrossamento centrale solcato da profonde nervature, per consentire una presa più salda alla mano debole.

 

SCHEDA TECNICA

Produttore: Royal small arms factory, Enfield

Modello: Em 2 Tipo: fucile d’assalto

Calibro: .280/30 British

Funzionamento: a recupero di gas, pistone a corsa lunga, otturatore ad alette frontali oscillanti

Alimentazione: caricatore amovibile bifilare a presentazione alternata

Numero colpi: 20

Cadenza di tiro: 450-600 colpi al minuto

Lunghezza canna: 623 mm

Lunghezza totale: 890 mm

Percussione: percussore lanciato

Sicure: a leva davanti al ponticello

Mire: ottica a zero ingrandimenti sulla maniglia di trasporto; mire di emergenza abbattibili sul lato sinistro

Peso: 3.400 grammi scarico

Materiali: acciaio al carbonio, astina in legno

Finiture: brunitura nera opaca