È stata presentata ufficialmente nel 2006, ma è disponibile solo da quest’anno sul mercato nostrano: rappresenta una svolta epocale e sicuramente impegnativa, visto che la carabina Sako 85 ha il compito di pensionare la ormai classica e consolidata (nell’affetto di cacciatori e tiratori) Sako 75, che ha già rimpiazzato sul listino ufficiale del gruppo Beretta del 2008. Sulla carta, sembra tutto invariato: cinque tipologie di azione (ma le “taglie” sono leggermente differenti rispetto alla 75, quindi le calciature non sono intercambiabili), ampia scelta di calibri (dal .204 Ruger al .375 H&H, ma quelli disponibili per ora in Italia sono meno) e allestimenti, otturatore a tre tenoni. In realtà c’è molto di nuovo. Il lavoro più grosso si è concentrato proprio sull’otturatore, vero cuore del sistema e punto di forza già nella Sako 75: i tenoni di chiusura sono sempre tre, frontali e disposti a 120 gradi, ma la superficie di contrasto è stata aumentata per incrementare ulteriormente la solidità. Inoltre, il profilo esterno dei tenoni è stato ridisegnato, formando cinque guide distinte che, scorrendo su apposite guide nell’azione, forniscono impareggiabile fluidità e sicurezza di funzionamento. Sempre per aumentare l’ assialità e scorrevolezza dell’otturatore nel movimento di apertura e chiusura, è stata aumentata la superficie del ponte posteriore della culatta, che si prolunga all’indietro fino a incontrare la codetta (ridisegnata e resa esteticamente più filante). Ne consegue che la zona di innesto del manubrio sul corpo otturatore è più semplice, ma sempre di robustezza estrema. L’estrattore è sempre a gancio elastico e l’espulsore a bilanciere agisce ancora a “ore 6”, ma rispetto all’otturatore della Sako 75 si è intervenuti nella parte inferiore della sua faccia, spianandola completamente. Qual è la differenza? Nella Sako 75, la faccia dell’otturatore è circondata da un vero e proprio anello di acciaio che accoglie completamente il fondello della cartuccia. Ne consegue, però, che quando l’otturatore preleva una cartuccia dal serbatoio per introdurla in camera è l’anello a spingere il fondello della cartuccia, quindi non si verifica alcun contatto tra il rim e l’estrattore finché il bossolo non è completamente in camera di scoppio. In determinate situazioni (peraltro rare), può accadere che questa mancanza di contatto si traduca in un impuntamento o in una doppia alimentazione.
Con la Sako 85 questo non può accadere, perché non appena la cartuccia comincia a essere sfilata dal serbatoio il fondello viene subito saldamente agganciato dall’estrattore, come in un’azione Mauser, e non l’abbandona più fino all’espulsione dopo lo sparo. Il difetto dell’azione Mauser, in compenso, è che se si introduce manualmente il colpo in camera e poi si chiude l’otturatore, l’estrattore, per come è conformato, non è in grado di agganciare il fondello, anzi in molti casi viene danneggiato. Con la Sako 85, si ha la possibilità di chiudere l’otturatore con facilità sul colpo camerato manualmente, ottenendo i vantaggi di un otturatore Mauser accoppiati ai vantaggi di un otturatore tipo Remington. L’azione ha ancora il tipico look squadrato della 75, e presenta ancora sulla sommità le due slitte a coda di rondine per l’installazione degli attacchi Optilock Sako, tra i migliori della categoria. Anche in questo caso, sembrerebbe tutto uguale al vecchio sistema, ma una differenza c’è, ed è a carico dell’accoppiamento con la calciatura. Nella vecchia Sako, infatti, sotto la zona corrispondente alla base della camera di scoppio è presente uno scasso a spigoli vivi, che contrasta con una generosa piastrina recoil lug annegata nel calcio. Nella Sako 85, lo scasso c’è ancora, manca invece il recoil lug convenzionale, sostituito da una piastrina piatta con un foro rettangolare entro il quale si inserisce un perno quadro ricavato intorno alla sede della vite anteriore. La piastrina è, a sua volta, dotata di un recoil lug inferiore (quello vero) che si inserisce nel legno, ed è fissata in posizione per mezzo di due viti. Questa soluzione ha il pregio di spostare in avanti la tavola del recoil lug, aumentando la quantità di legno compresa tra quest’ultima e il bocchettone del caricatore, a tutto vantaggio della solidità. In corrispondenza della vite posteriore dell’azione, una piastrina metallica appoggiata sull’estremità dell’incassatura impedisce un contatto diretto tra l’azione e il legno. Si tratta di una soluzione che svolge il suo lavoro piuttosto bene, però a noi la superficie di contatto tra il perno quadro e il foro della piastrina è sembrata un po’ risicata per garantire stabilità (quindi costanza, quindi precisione) nel tempo. Consiglieremmo, quantomeno, di coadiuvare con un pillar bedding, cui magari far seguire un bedding sintetico di tutta la zona dell’azione. L’azione è fissata alla calciatura con le solite due viti, che non sono più, però, a taglio normale, ma Torx, molto più facili a serrarsi e più difficili da rovinare. La canna è lunga 570 mm, è realizzata per rotomartellatura a freddo, la rigatura a quattro principi ha un passo (per il .308 Winchester) di un giro in 11 pollici, pari a 280 mm.
È piuttosto sottile, visto che il volata termina con un diametro di 15,9 mm, a vantaggio del contenimento complessivo del peso. Non ha alcun punto di contatto con la calciatura, quindi allo sparo è libera di vibrare senza interferenze. Assenti le mire metalliche che, però, saranno disponibili sugli esemplari di prossima importazione. Il serbatoio è amovibile, bifilare a presentazione alternata, trattenuto da una leva a bilanciere anteriore. Uguale alla 75? Ancora una volta, è solo apparenza: lo sgancio è infatti stato modificato (il dispositivo è oggetto di uno specifico brevetto), adesso non basta più premere il ritegno per sganciare il serbatoio, ma prima bisogna spingere verso l’alto il fondello e poi, finalmente, si può azionare il bilanciere. Sembra farraginoso, in realtà è semplice ed ergonomico, in più offre l’assoluta garanzia di evitare sganci accidentali in caso di caduta dell’ arma, interferenze con la vegetazione o maneggio distratto. Il corpo del caricatore è realizzato in acciaio inox, con elevatore in lega leggera e corpo in polimero. La capacità è di 5 colpi “veri”, nel senso che è possibile inserire il caricatore con l’otturatore chiuso anche a pieno carico. La capacità reale dell’arma è, quindi, di sei colpi. L’ampia finestra di espulsione (la lunghezza è di 74,1 mm) consente, comunque, di alimentare direttamente dall’alto le munizioni, come fosse un serbatoio fisso tipo Mauser. Anche la lunghezza dello scatolato del caricatore (75,3 mm) rassicura sulla possibilità di sperimentare ricariche un po’ fuori misura (la lunghezza massima prevista dalla Cip per il .308 Winchester è, infatti, di 71,12 mm). Lo scatto è in un solo tempo, pulito e prevedibile, con peso di sgancio regolabile tra un massimo di 2.000 e un minimo di 1.000 grammi. Spingendo in avanti la leva di scatto, si innesta lo stecher che consente di abbassare ulteriormente il peso di sgancio fino a poche decine di grammi. La sicura è costituita da un cursore posto sul lato destro dell’azione, a fianco della codetta dell’otturatore, e ha due posizioni: in avanti consente lo sparo, all’indietro blocca scatto e otturatore. Per scaricare la camera di scoppio in sicurezza, davanti al cursore della sicura è presente un pulsantino che, se azionato, sblocca l’otturatore consentendone l’apertura. L’inserimento della sicura (che disarma anche lo stecher eventualmente attivato) è netto e silenzioso, come il disinserimento. Qualche parola merita anche la calciatura, realizzata con buon noce con finitura a olio non riflettente: ha pala dritta, in stile americano, con appoggiaguancia ben proporzionato che consente l’ottimale collimazione con l’ ottica. Anche l’astina è dritta, a becco d’anatra, ben dimensionata anche per il tiro in appoggio. Del tutto nuove le zigrinature sull’impugnatura a pistola e ai lati dell’asta, del tutto tradizionale il medaglione Sako incassato sulla coccia.
La prova a fuoco si è svolta, come di consueto, al poligono di Somma Lombardo (Va), sulle distanze di 100 e 300 metri, utilizzando un’ottica Burris Black diamond 6-24×50 con reticolo Duplex fine. Per prendere confidenza con l’ arma abbiamo a lungo eseguito procedure di manipolazione (caricare e scaricare senza sparare, inserire e disinserire la sicura, aprire l’otturatore a sicura inserita e così via). Abbiamo gradito l’eccellente ergonomia del manubrio otturatore, liscio ma ben dimensionato e correttamente posizionato; della sicura, agevole da azionare anche con i guanti; dello sgancio del serbatoio, complicato da spiegare ma semplicissimo da azionare con una sola mano. Apparentemente, il pulsante di sblocco otturatore a sicura inserita è sottodimensionato, ma dal lato pratico non abbiamo avuto difficoltà a utilizzarlo anche con i guanti indossati, quindi non possiamo permetterci critiche. L’alimentazione mantiene le aspettative: fluida e priva del benché minimo impuntamento, ha funzionato regolarmente sia alimentando a colpo singolo, sia attraverso il caricatore, anche senza prestare particolare attenzione all’allineamento delle cartucce. Alimentazione controllata, ma anche espulsione controllata: a seconda della forza che si esercita sul manubrio si possono semplicemente presentare i bossoli di traverso per raccoglierli dalla finestra di alimentazione con le dita, oppure proiettarli con violenza a oltre due metri di distanza (urtando contro le paratie divisorie della linea, il colletto si ammacca). La canna, pur leggera, si riscalda lentamente e progressivamente, l’effetto miraggio diventa intollerabile dopo il decimo colpo sparato di seguito. Per le prove pratiche abbiamo utilizzato munizioni commerciali Fiocchi Usa con palla Hornady Sst di 180 grs e Remington con palla Pointed soft point boat tail di 165 grs, mentre a livello di ricarica abbiamo testato palle di peso compreso tra i due estremi per il calibro: dai 180 grani delle Rws Uni Classic (ex Tug), ai 168 grs delle Alpinbullets, per concludere con i soli 135 grs ancora delle Alpinbullets. E sono state proprio queste ultime a regalare il raggruppamento più stretto, e di gran lunga, consentendoci di piazzare a 100 metri tre colpi in soli 10 mm.
SCHEDA TECNICA
Produttore: Sako ltd, po box 149, 11101 Riihimäki, Finlandia, tel. 00.35.81.08.30.52.00, fax 00.35.81.97.20.446, www.sako.fi
Distributore: Beretta spa, via Beretta 18, 25063 Gardone Val Trompia (Bs), tel. 03.08.34.11, fax 03.08.34.13.99, www.beretta.it
Modello: 85 Hunter
Tipo: carabina a ripetizione
Calibro: .308 Winchester (anche .22-250, .243 Winchester, 7-08 Remington, .25-06, 6,5×55, .270 Winchester, 7×64, .30-06, 9,3×62)
Funzionamento: otturatore girevole scorrevole con chiusura a tre alette frontali
Alimentazione: caricatore amovibile bifilare con sicura sullo sgancio
Numero colpi: 5
Canna: lunga 570 mm, rigatura a quattro principi con passo di un giro in 11 pollici (280 mm)
Lunghezza totale: 1.075 mm
Sicura: manuale a due posizioni, con pulsante separato per lo sblocco e l’ apertura dell’otturatore a sicura inserita
Mire: assenti, predisposizione per attacchi
Sako per l’installazione di ottiche di puntamento Scatto: regolabile tra 1.000 e 2.000 grammi, con stecher alla francese
Peso: 3.200 grammi circa; 4.180 grammi con ottica Burris Black diamond 6-24×50 e attacchi Sako
Materiali: acciaio al carbonio, corpo serbatoio inox, calciatura in noce
Finiture: brunitura nera opaca, corpo otturatore cromato, calciatura finita a olio
Numero del catalogo nazionale: 16.421 (arma da caccia)
Prezzo: 2.039 euro, Iva inclusa; versione Synthetic 2.119 euro; Laminated e Finnlight, 2.259 euro; Bavarian, 2.289 euro