Il rinvio di Iwa OutdoorClassics crea non pochi problemi al mercato. Ecco cosa ne pensa un esperto
La caccia, le armi e il tiro in tempi di coronavirus. L’attività sportiva si ferma, a tutti i livelli e anche la più importante fiera europea. Naturalmente si tratta di uno stop molto dannoso, ancorché necessario…
Ne parliamo con Marzio Maccacaro, per lunghi anni direttore commerciale di Fiocchi munizioni e nei board dell’Associazione nazionale produttori armi e munizioni sportive e civili e del Comitato nazionale caccia e natura.
“Che Iwa potesse rimanere coinvolta era prevedibile. È certamente un problema serio e dà un duro colpo all’interscambio internazionale che, per un settore così particolare, non è sostituibile con azioni alternative. Iwa è sempre stata “la fiera” e rappresenta il punto di riferimento a livello mondiale, eccezion fatta per solo poche aree geografiche non abituali frequentatrici di questa manifestazione. Le aziende stesse interromperanno anche le trasferte dei propri manager e quadri commerciali. Le relazioni commerciali che normalmente trovano sviluppo e concretezza a Norimberga, si indeboliranno sensibilmente.
Il problema va inoltre a colpire tutto il nostro comparto e il Made in Italy che rappresentano una eccellenza mondiale non duplicabile. Diciamo che oltre alle nostre tradizionali difficoltà burocratiche, avremo un ulteriore pesante condizionamento per l’export di settore che rappresenta fino al 80% del fatturato delle aziende”.
Il palinsesto di NürnbergMesse è molto nutrito. E l’incertezza dei tempi di durata del rischio virus ha consigliato una decisione importante: lo spostamento addirittura a inizio settembre. con soluzioni ancora aperte per la trasformazione in fiera aperta al pubblico e non solo agli operatori.
“Il danno è notevole. A inizio marzo le aziende sono nelle condizioni di poter operare e fruttificare le offerte entro l’anno e tante di esse concentravano le innovazioni R&D (ricerca e sviluppo, ndr) nonché aggiornamenti commerciali proprio per esprimerle e divulgarle in tale occasione.
“Lo spostamento a inizio settembre spiazza gli operatori e non offre un punto di riferimento per i migliaia di contatti che in quei giorni si concentrano. A settembre l’anno è praticamente andato e gran parte delle trattative verrebbero programmate per il 2021. Gli stessi flussi logistici del nostro settore sono lunghi ed influenzano la “monetizzazione” delle vendite”.
NürnbergMesse ha dichiarato di aver consultato i più importanti espositori, ma le associazioni di categoria italiane si sono dichiarate non particolarmente soddisfatte. La data è abbastanza inutile per il mercato, vero?
“Sì. Quel periodo non serve al 2020 e quindi il problema è rappresentato dai rebound economici che si potrebbero abbattere sul settore e risulterebbero incolmabili”.
Tra l’altro, la decisione è stata dichiarata definitiva: il mercato dovrà adeguarsi, se vorrà, presentando da ora in avanti le sue novità con addirittura 6 mesi di anticipo, perché sei mesi in ritardo non avrebbe senso…
“Potrebbe essere utile congelare le novità, i nuovi modelli, eccetera. E presentarli a settembre per generare impulso sul 2021. Per certi versi proseguirei con i cataloghi in essere nel 2019 fino allo sblocco di questa situazione. Se la fiera venisse confermata a settembre vorrebbe dire che saremmo usciti dalla emergenza internazionale e, quindi, con un entusiasmo commerciale rinnovato. La presentazione dei nuovi prodotti richiede metodo e presenza. Ma, in ogni caso, gli stessi compratori penso abbiano e avrebbero poco entusiasmo a programmare azioni di lancio e promozione di nuovi prodotti in questi mesi. Meglio “volare bassi” e lasciare che i flussi dei prodotti sul mercato continuino nel loro possibile e senza disturbi”.
La scelta potrebbe comunque fornire opportunità ad altre fiere, come Shot show o altre che potrebbero candidarsi?
“Direi di sì anche se in questo momento non penso sia possibile programmare eventi, siamo nel picco di emergenza e non troveremmo disponibilità, almeno in Europa. Resto convinto che nei momenti di gravi difficoltà si debbano comunque trovare nuove opportunità (“in bad times looking forward to bump into better times”). Questa grave situazione potrebbe permettere lo studio per una nuova manifestazione internazionale, rigorosamente B2B (business to business, cioè per operatori, ndr), da tenersi in Nord Italia”.
L’Italia potrebbe cogliere l’opportunità con Hit o con una nuova fiera?
“Hit così com’è non può soddisfare e supplire le peculiarità di Iwa. Deve avere un periodo specifico da dedicare (prima) agli operatori industriali e commerciali internazionali oppure essere proprio una nuova manifestazione. Da alcuni anni questa possibilità era fluttuante sul tavolo delle associazioni che avevano incontrato più strutture fieristiche per valutare la fattibilità, trovando sempre disponibilità ed entusiasmo”.
Le nostre associazioni di categoria, a livello europeo, non potrebbero fare come la statunitense Nssf (National shooting sports foundation) che gestisce in autonomia lo Shot show ricavandone utili che investe poi in promozione e attività di marketing settoriale?
“Magari! Lo Shot show ha caratteristiche diverse da Iwa. Permette a noi di sviluppare il primo mercato mondiale e contatti con mercati che tendenzialmente si appoggiano a quell’area senza poi necessariamente visitare Iwa. Ha caratteristiche di una grande fiera B2C (business to consumer, cioè direttamente per i consumatori, ndr) piuttosto che B2B. Diciamo, una grande Hit. Non a caso in ottobre c’è un’altra manifestazione interna riservata a grossisti, catene, commercianti statunitensi.
Potremmo lavorare in simbiosi con una organizzazione già collaudata e preparata con cui investire e sviluppare un progetto di affermazione della fiera italiana o europea dove però dovremo riuscire ad attrarre la partecipazione diretta delle principali aziende italiane, ma soprattutto internazionali.
“In Europa manca una fiera squisitamente civile che sia di riferimento internazionale. Afems, l’associazione di categoria dei produttori di munizioni, e le varie associazioni di produttori come le nostre Anpam e Conarmi, potrebbero raccogliere e avere le risorse economiche per gestire un’operazione del genere, simile a quella americana e trarne anche profitto. Non dimentichiamo, però, che il tessuto socio/politico americano è all’antitesi del nostro e quindi possono fare impresa anche con la fiera del nostro settore. Per noi l’operazione dovrebbe volgere alla tutela e difesa del nostro comparto e segmento, ma certamente coprirne i costi con anche buoni utili. A tal punto le ricerche e i convegni delle associazioni potrebbero trovare audience al settore diventando anche influencer”.
Come vede lo scenario italiano del mercato alla luce della situazione corona virus?
“Penso che possa andare in sofferenza per la parte civile. Vedo improbabile che i Tsn possano operare senza essere coinvolti dalle norme di ambienti aggreganti al chiuso. Gli stessi Tav potrebbero soffrire di restrizioni. Abbiamo centinaia di strutture sul territorio e, se si verificassero questi due scenari, ci troveremmo “seduti”. La caccia potrebbe soffrirne apparentemente meno, ma l’età media dei cacciatori potrebbe incidere. Le stesse riserve con case di caccia o bed & breakfast ne soffrirebbero. Per la caccia potremmo comunque rimandare la questione ad aprile, quando le aziende lanceranno la campagna vendite”.