Il nuovo sistema informatizzato centrale per la tracciabilità delle armi, denominato Sitam, è stato ufficializzato dal ministero dell’Interno con un apposito decreto ministeriale (n. 114 del 12 luglio 2023). Dovrebbe entrare in vigore entro 18 mesi e, oltre a essere teoricamente in grado di dialogare con analoghi sistemi digitali di tutti gli altri Paesi dell’Unione europea, si propone di mandare in pensione il vecchio registro cartaceo delle operazioni giornaliere delle armerie. Peccato che sia rimasta fuori una categoria di armi che, a questo punto, le armerie non potranno più vendere: quella delle armi bianche. Il decreto, infatti, prevede tre tipologie di inserimento dati, alle quali corrispondono tre allegati al decreto stesso: nell’allegato A sono previste le armi da fuoco, nell’allegato B le armi ad aria o gas compressi (di potenza superiore o inferiore a 7,5 joule), nell’allegato C le munizioni.
Da quanto esposto, si evidenzia che le armi bianche e, in generale, le armi diverse da quelle da fuoco e da sparo, non sono state contemplate. Dal momento, tuttavia, che il Sitam dovrà soppiantare in tutto e per tutto il registro delle operazioni giornaliere delle armerie e dei produttori, resta in effetti un “buco” in termini di modulistica e di procedura per l’inserimento, appunto, delle armi bianche. Ovviamente, la tracciabilità delle armi bianche, che nella stragrande maggioranza dei casi non sono provviste di matricola, è senz’altro più difficoltosa rispetto a quella delle armi da fuoco, ma è altrettanto vero che lo stesso problema si pone con le armi antiche da fuoco e, in quel caso, è stata prevista una apposita clausola nell’allegato A, che prevede che “Per le armi da fuoco antiche, l’inserimento è limitato ai dati conosciuti o comunque rilevabili dalla denuncia o da qualunque altra certificazione o documentazione presentata dall’interessato, ai sensi
dell’articolo 38 TULPS”. Nulla invece è stato contemplato per le armi bianche.
È chiaro che il sistema deve essere ancora affinato e modificato, anche in funzione delle indicazioni che saranno fornite dalle associazioni di categoria (Assoarmieri, Anpam e Conarmi in primis). Allo stato attuale, tuttavia, il buco c’è e se non saranno previsti gli opportuni correttivi, all’entrata in vigore del sistema (prima metà 2025), le armerie non potranno più vendere le armi bianche delle quali fossero in possesso. Il che è evidentemente abbastanza incostituzionale. Facciamo fatica a credere che il ministero dell’Interno possa essersi “dimenticato” di una intera categoria di armi nel mettere a punto questo sistema, perché sarebbe gravissimo. Vero è, anche, che quello delle armi bianche assimilate giuridicamente alle armi da fuoco è un problema squisitamente italiano e, quindi, inserirle in un sistema destinato a dialogare a livello europeo potrebbe portare a problemi molto superiori rispetto agli eventuali vantaggi. Che sia, dunque, arrivato infine il momento di una modifica normativa volta ad assimilare le armi bianche agli strumenti atti a offendere, quindi con libera vendita e detenzione e porto soggetto a giustificato motivo? Sarebbe un passo in avanti notevolissimo in termini di semplificazione burocratico-amministrativa e di snellimento del lavoro delle questure senza, si badi bene, la benché minima contropartita in termini di sicurezza pubblica. Lasciateci sperare…