Strage di Sydney: inquietanti dettagli sulla licenza all’attentatore

Il police commissioner del Nuovo Galles del Sud ha fornito nuovi inquietanti elementi circa la licenza per il possesso legale di armi rilasciata a uno dei due attentatori di Bondi beach: sull’operato della polizia respinge le accuse, ma…

Rispetto alle informazioni iniziali, secondo le quali il padre della coppia padre-figlio che ha ucciso 15 persone nella località di Bondi beach, presso Sydney aveva una licenza in materia di armi già almeno da un decennio, il police commissioner del Nuovo Galles del Sud, Mal Lanyon, ha fornito una rettifica che getta un’ulteriore inquietante ombra circa le effettive capacità di verifica dei requisiti da parte delle autorità e soprattutto circa le dichiarazioni inerenti la necessità di “ulteriori restrizioni” in materia di armi annunciate dal primo ministro australiano Anthony Albanese poche ore dopo il massacro.

Secondo Lanyon, infatti, la licenza che era stata chiesta da Sajid Akram nel 2015 per l’acquisto e il possesso di armi, era stata in realtà rifiutata nel 2016 per un vizio formale (non era mai stata fornita la fotografia necessaria per il completamento dell’iter). Una seconda istanza per il rilascio era stata, tuttavia, avanzata nel 2020 e risulta essere stata approvata nel 2023. Questo pone in una luce completamente diversa e inquietante quanto accaduto, in quanto già dal 2019 si sapeva che il figlio di Sajid, Naveed, era in qualche modo affiliato all’Isis. Inoltre, evidenzia quanto risulti inutile il riferimento fatto dal primo ministro Albanese circa la necessità di prevedere una durata per le licenze in materia di armi, al fine di rivedere periodicamente la permanenza dei requisiti in capo al detentore: anche se fosse stata prevista una scadenza quinquennale rispetto alla prima istanza presentata dall’attentatore, quest’ultimo sarebbe stato dichiarato idoneo al rinnovo, e se la prima istanza fosse stata rilasciata invece nel 2023, sarebbe stato ancora nell’arco di validità della licenza appena rilasciata. In un caso come nell’altro, sarebbe risultato perfettamente idoneo all’acquisto e al possesso di armi.

Circa le critiche che in queste stesse ore stanno investendo l’operato delle forze dell’ordine, con particolare riferimento al ritardo con il quale i due attentatori sono stati ingaggiati dal fuoco delle forze dell’ordine, consentendo loro di sparare oltre 100 colpi (per complessive 65 persone colpite, tra morti e feriti), Lanyon ha respinto le accuse, dichiarando che gli operatori hanno affrontato la minaccia con “coraggio e integrità” e sottolineando che gli operatori rimasti feriti nell’evento sono stati colpiti di fronte e non alle spalle. Lanyon ha ribadito che giungere a conclusioni affrettate circa l’operato delle forze dell’ordine sarebbe “irrispettoso” e che il ritardo con il quale la risposta al fuoco sia stata idonea a interrompere l’azione terroristica sarebbe da ricercare nel fatto che i poliziotti erano armati con pistole, mentre gli attentatori erano equipaggiati con armi lunghe, capaci quindi di un tiro più preciso a maggiore distanza.

Si tratta, francamente, di obiezioni che non convincono, soprattutto considerando che un semplice cittadino, per giunta disarmato, è riuscito ad avvicinarsi così tanto da riuscire a strappare il fucile dalle mani di uno dei due attentatori: non si comprende quindi per quale motivo le forze dell’ordine, peraltro dotate di automobili, non abbiano potuto fare altrettanto, con il conforto peraltro delle proprie armi in dotazione. Invece, purtroppo, il moltiplicarsi delle testimonianze sembra confermare che da quando è iniziata la sparatoria a quando i due attentatori sono stati neutralizzati, siano passati non meno di 10 minuti, un tempo enorme.