Uno studio condotto per la Royal society of biology evidenzia come i fondi per la salvaguardia degli animali a rischio sia “dirottata” per la maggior parte verso gli animali più “carini”, mentre agli invertebrati, seppur maggiormente minacciati, toccano le briciole
La nostra società sempre più mette in evidenza i parametri distorti con cui giudica natura e animali. È quanto conferma il risultato di uno studio condotto dal team condotto da un italiano, Stefano Mammola, per la Royal society of biology di Londra. Analizzando le cifre stanziate dal programma “EU’s Life” dal 1992 al 2018, il team ha infatti scoperto che la maggior parte dei fondi del programma Ue per la protezione degli animali, pari a 970 milioni di euro, è stata destinata ai vertebrati cosiddetti “popolari”, ovvero orsi, lupi, linci, aquile eccetera. Insomma tutti quelli che nell’immaginario collettivo rubano subito simpatia e senso di protezione perché emanano immagini di forza, di tenerezza per l’aspetto paffuto, peloso, occhi grandi, amorevoli eccetera. Agli invertebrati invece sono toccati solo 150 milioni. È stato calcolato che ogni vertebrato riceve, alla fine, quasi 500 volte più finanziamenti dei fratelli “minori” invertebrati. Per la serie “se sei bello meriti di sopravvivere ed essere aiutato, altrimenti puoi pure morire”. L’evidente sperequazione è stata resa pubblica dal Guardian, che ha pubblicato la ricerca. Per cui ragni, crostacei e lombricame vario, che sicuramente saranno brutti ma che rischiano molto di più dei “belli” a causa dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento, degli anticrittogamici, dei tantissimi veleni usati nell’agricoltura o nelle coltivazioni intensive in genere, possono pure scomparire o soffrire senza tema che nessun “salvalupi” gli dia una mano. Mammola sottolinea: “Alcune specie di mammiferi ottengono tutto. C’è un solo ragno incluso nella direttiva Habitat dei fondi, pochi crostacei e nessun parassita”. Ma non solo questo. “Il tasso di estinzione degli insetti è otto volte più veloce rispetto a uccelli, mammiferi e rettili”. Eppure l’orso bruno e il lupo si beccano, è il caso di dirlo, la parte del leone, nonostante siano classificati secondo l’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) come specie a minor rischio. E si vedono arrivare sul conto corrente rispettivamente 47 e 33 milioni di euro. “I 20 miliardi di euro per la conservazione della Natura stanziati fino al 2030, non possono piovere solo sugli animali carini e simpatici. La gente dovrebbe averlo capito e rivolgere la propria attenzione anche a quelli poco visibili ma altrettanto, anzi a volte anche più, importanti”.
Lo ribadiamo anche noi. Tutti gli uccelli insettivori, o che vivono cibandosi di invertebrati, sono direttamente dipendenti dalla buona salute di quest’ultimi. Non parliamo poi di api e altri insetti impollinatori. In alcuni Paesi, come la Cina, già sono costretti all’impollinazione artificiale data la loro drastica diminuzione per i veleni usati in agricoltura. Oltretutto gli esperti, veri e qualificati, dicono che è molto più facile salvare e salvaguardare lupi, aquile e orsi, come anche boschi e foreste. Ma molto più difficile salvare micro-habitat di ragni e insetti, che magari vivono nei muschi o nei decomposti del suolo. O micro-ambienti, quali legni in decomposizione, sistemi acquatici e funghi, anche questi troppo razziati. Ma noi sappiamo molto bene tutto questo. Viviamo a contatto con il vero ambiente. Non portiamo magliette con imbambolati Panda seduti per terra, ma arriviamo a vedere molto più profondamente nella natura e nei suoi problemi.