Troppe armi in Italia? Cittadini sempre più armati? Dati alla mano, è vero esattamente il contrario! Perché…
Se negli ultimi due anni, in Italia, il ritornello proposto dall’informazione generalista è stato quello secondo cui il porto d’armi per Tiro a volo sarebbe un “trucco” per avere armi aggirando le norme in materia (cosa ovviamente falsissima, ma tanto ovvio non è se taluni colleghi continuano pervicacemente a propalare questa tesi), il refrain di questi ultimi mesi è che in Italia ci sarebbero “troppe” armi e che, comunque, sarebbero in aumento esponenziale e incontrollato i cittadini in possesso di armi. L’affermazione è completamente destituita di fondamento, vediamo perché.
Il dato sul quale si concentrano gli strali dell’informazione generalista, fornito dal ministero dell’Interno, è che le licenze di porto d’armi per Tiro a volo sono passate dalle 127 mila del 2002 alle 456 mila del 2016. Il che è ovviamente vero. Ciò che viene, però, taciuto, o minimizzato, è che nello stesso periodo di tempo le licenze (per esempio) di porto di fucile uso caccia sono passate da oltre 884 mila a sole 580 mila, mentre le licenze di porto di pistola per difesa personale sono passate da oltre 45 mila a sole 18 mila circa.
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Se, però, invece di basarsi sui dati degli ultimi quindici anni, si risale appena più indietro, si scopre che nel 1980 (non una vita fa…), i soli porti d’armi da caccia rilasciati erano 1.701.853, pari cioè a quasi il doppio della somma di porto d’armi per caccia, tiro a volo e difesa personale del 2016. Anche aggiungendo le licenze concesse alle guardie giurate in ragione del loro lavoro, non si riesce a eguagliare (meglio, neanche ad avvicinarsi) al dato dei cacciatori del 1980.
Un altro dei ritornelli dell’informazione generalista è che ogni singolo cittadino che chiede un porto di fucile per Tiro a volo sia un “nuovo” cittadino armato, che prima non deteneva armi, che ha deciso di armarsi per “farsi giustizia da sé” in relazione alle affermazioni populistiche (?) che quotidianamente ci bombardano, sull’emergenza criminalità. Anche in questo caso, la realtà è ben diversa: basta appena dare un’occhiata al confronto tra i rilasci delle licenze di porto di fucile per Tiro a volo negli ultimi anni per rendersi conto che l’impennata nelle richieste del porto in questione è avvenuta a partire dal 2015 dopo almeno tre anni di sostanziale stabilità. E guarda caso, proprio nel 2015 le questure hanno iniziato “per davvero” la revisione dei requisiti psicofisici per i meri detentori di armi (cioè quei cittadini che magari detenevano armi da quarant’anni ma non avevano un porto d’armi in corso di validità da oltre 6 anni), obbedendo alle disposizioni previste nel decreto legislativo 121 del 2013. Ora, considerando che per la concessione del porto di fucile per Tiro a volo una delle componenti più onerose finanziariamente della documentazione richiesta è rappresentata proprio dalla certificazione medica, non è così strano pensare che a un soggetto detentore di armi, al quale viene chiesto di fare lo stesso certificato medico richiesto per il porto d’armi… venga voglia di (ri)fare effettivamente il porto d’armi, magari per tornare a provare al poligono la pistola o la carabina che non prova da 10 anni. È anche opportuno ricordare che in molti concorsi pubblici per l’ingresso in polizia o in altri ruoli, fa “punteggio” per il candidato avere il porto d’armi.
I cittadini “armati”, quindi, come abbiamo dimostrato, non sono aumentati. Ma l’altro elemento sul quale si concentrano gli allarmi delle “anime belle” è sul numero di armi complessivamente custodite nelle case degli italiani, che sarebbero “troppe”. Ora, capire come facciano a essere “troppe” quando il ministero dell’Interno per primo ammette di non avere un dato ufficiale pare già di per sé sufficientemente grottesco, ma l’affermazione risulta ancor più difficile da sostenere in particolare considerando l’obbligo, già ricordato, di presentare il certificato medico per i soli detentori di armi: molti cittadini che si sono ritrovati in questa condizione, ormai molto anziani e magari con qualche acciacco, non hanno più potuto, o voluto, superare le visite mediche prescritte e quindi hanno consegnato le proprie armi ai commissariati e/o alle stazioni carabinieri competenti che, quindi, da oltre due anni sono letteralmente invasi dalle armi da rottamare (non dovete credere a noi, basta chiedere a una qualsiasi stazione carabinieri…). Se quindi è vero, come è vero, che ogni anno in Italia vengono vendute armi nuove nelle armerie, è anche vero che in particolare negli ultimi due anni una percentuale molto significativa di quelle acquistate negli anni Sessanta-Settanta è finita sotto la pressa. Ma questo, ovviamente, nessuno lo dice…
…la cosa più erronea (volendo credere alla buona fede delle persone) nei “ritornelli” forniti dalla comunicazione generalista è ritenere fondato che a un maggior numero di armi legittimamente detenute corrisponda automaticamente un maggior numero di reati commessi con armi. Non siamo ovviamente noi a sostenerlo, bensì studi autorevoli e indipendenti, compiuti dal Dipartimento di Criminologia dell’Università di Liegi, dall’università di Harvard e dal centro interuniversitario Transcrime, i quali hanno concordemente ribadito come gli elementi che determinano la maggiore o minore incidenza di delitti commessi con armi da fuoco non hanno in pratica alcuna correlazione diretta con il numero di armi legittimamente detenute.