Se l’atc non interviene, l’agricoltore può abbattere i cinghiali che danneggiano le sue colture, purché munito di licenza di caccia. Questa la decisione della regione Umbria, ma è solo il primo tassello del puzzle
In Umbria, una delle regioni italiane più colpite dal fenomeno dei danni all’agricoltura cagionati dalla fauna selvatica, è stato approvato un provvedimento straordinario per far fronte alla crescente emergenza cinghiali. Da oggi gli agricoltori, in presenza di danni causati da cinghiali, possono procedere autonomamente all’abbattimento se, a seguito di segnalazione all’ambito territoriale di caccia competente, le autorità non intervengono entro quattro ore e purché muniti di regolare licenza di caccia. Prima dell’approvazione di questa decisione, comunicata pochi giorni fa dall’assessore all’Agricoltura umbro Roberto Morroni, l’intervento della regione poteva tardare fino a 48 ore, rendendo spesso vano il tentativo di contenimento e lasciando ai cinghiali tutto il tempo per danneggiare irrimediabilmente le colture e per spostarsi altrove. Nonostante la possibilità di intervenire quasi immediatamente, gli agricoltori-cacciatori mantengono comunque il diritto a ricevere un indennizzo per i danni causati dalla fauna selvatica, anche perché, come noto, il cinghiale non rappresenta la sola specie dannosa per l’agricoltura.
Questo provvedimento non sarebbe che il primo passo verso una modifica della 157/92, richiesta a gran voce dalla Confederazione italiana agricoltori (Cia), che auspica misure più severe per il controllo della proliferazione degli ungulati, problema che interessa ormai, con intensità variabile, tutte le regioni d’Italia. Tra le proposte della Cia per la regione Umbria ci sarebbe anche lo slittamento di un mese della stagione per la caccia collettiva al cinghiale, che sta già facendo molto discutere i cacciatori di cinghiali locali.