Usa: background check “universale”?

La camera dei rappresentanti statunitense ha approvato in pochi giorni due provvedimenti sui cosiddetti “Background check”. Quali? La camera dei rappresentanti statunitense ha approvato nel volgere di pochi giorni due distinti provvedimenti legislativi volti a rafforzare i controlli in materia di acquisto di armi. In particolare, uno di essi si propone di estendere il cosiddetto “background check”, il controllo preventivo all’acquisto svolto dall’Fbi, non solo alle vendite in armeria, ma anche nei confronti delle vendite alle fiere di armi e on-line. L’altro provvedimento, invece, si propone di estendere il periodo di verifica preventiva da parte dell’Fbi prima di autorizzare l’acquisto, dagli attuali tre giorni, fino a un massimo di 10 giorni. Questo provvedimento è stato concepito per chiudere quella che è stata chiamata la “falla di Charleston”: infatti, nella sparatoria di massa avvenuta a Charleston nel 2015, l’attentatore aveva potuto acquistare un’arma perché l’Fbi non aveva completato il Background check nei tre giorni previsti (trascorsi i quali vale il silenzio-assenso).
Per la camera dei rappresentanti, a guida democratica dopo le ultime elezioni, si tratta dei provvedimenti in materia di armi più importanti dall’ormai lontano (e alla fine ben poco utile) “assault gun ban” del 1994, ma il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha già annunciato l’intenzione di opporre il veto su entrambi, perché ritenuti lesivi dei diritti dei possessori di armi. Nei confronti di questa affermazione, alcuni esponenti del partito Democratico lo hanno accusato di ipocrisia, avendo lo stesso presidente annunciato particolare rigore proprio sui Background check dopo l’omicidio di massa avvenuto lo scorso anno in Florida. Secondo alcuni sondaggi, inoltre, ben il 92 per cento degli americani sarebbe favorevole all'estensione e rafforzamento dei background check per l'acquisto di armi.