Questa volta è stata l’edizione on-line della Stampa di Torino a riproporre l’ormai frusto ritornello: i cittadini fanno il Tav per “aggirare” le norme
Evidentemente la tecnica è consolidata: continuando a ripetere una bugia per decine di volte, diventa verità. Alludiamo all’ormai stantìo ritornello proposto dagli organi di informazione generalisti, secondo i quali le richieste (e concessione) del Porto di fucile per Tiro a volo, che negli ultimi quindi anni sarebbero triplicate, sarebbero un “escamotage per aggirare le più rigide norme per il porto d’armi a scopo di difesa”.
A supporto di questa tesi, le parole di Giorgio Beretta, analista dell’Opal (Osservatorio permanente sulle armi leggere e politica di sicurezza e difesa), notoriamente su posizioni decisamente anti-armi, il quale osserva (ovviamente…) “che molte persone che non hanno alcun interesse a svolgere attività di tipo sportivo ricorrono a questa licenza per evitare i controlli posti dalle norme sul porto d’armi per difesa personale”.
Per parte nostra, ancora un volta, per l’ennesima volta, non possiamo far altro che constatare come tali affermazioni siano non solo fuorvianti, ma anche completamente false, per come sono esposte. Al di là del fatto che non si capisce (o forse sì, si capisce) quale criterio abbia portato il collega della Stampa a chiedere una analisi del fenomeno a un interlocutore tra i più schierati, senza peraltro prevedere alcun tipo di contradditorio con qualche portavoce di associazioni del settore: è un po’ come, dovendo commentare una notizia sulla caccia, se si chiedesse l’opinione solo ed esclusivamente a una associazione animalista.
Scendendo nel merito, non possiamo far altro che ribadire che i controlli posti dalle norme sul porto d’armi per difesa personale sono esattamente i medesimi, dal punto di vista dell’accertamento dei requisiti psicofisici, di quelli richiesti per qualsiasi altra autorizzazione in materia di armi (porto da caccia, porto per Tiro a volo, nulla osta). A essere differente, semmai, è semplicemente il fatto che per ottenere il porto di pistola per difesa personale occorre il “dimostrato bisogno”, che non è richiesto per le altre autorizzazioni. Il che è ovvio, considerando che con il porto per difesa personale è possibile portare con sé fuori di casa l’arma carica e pronta al fuoco, cosa che NON è assolutamente consentita con le altre autorizzazioni in materia di armi. Quindi, autorizzazioni differenti consentono facoltà differenti e, quindi, richiedono motivazioni differenti, ma alla base la valutazione psicofisica, morale e penale del richiedente è esattamente la medesima.
“Il certificato anamnestico necessario”, prosegue l’articolo, “poi, viene rilasciato dal medico di base e il medico della Asl, militare o della polizia che deve rilasciare il certificato di idoneità psicofisica si limita a prenderne atto”. Altra falsità totale, il medico certificatore della Asl non si limita a prenderne atto, bensì svolge una vera e propria visita, con accertamento delle capacità visive e uditive e un colloquio volto ad accertare eventuali anomalie comportamentali, fermo restando inoltre che per qualsiasi dubbio possa insorgere in capo al professionista, gli è riconosciuta la facoltà di portare il richiedente innanzi a una commissione medica, per ulteriori approfondimenti (di qualsiasi genere).
A chiusura di tutto questo, c’è tra l’altro un dato molto oggettivo: a fronte dell’eventuale triplicarsi della concessione dei porti di fucile per Tiro a volo, non solo i reati commessi con le armi non si sono triplicati a loro volta, ma addirittura sono in costante diminuzione da anni. Quindi, evidentemente, i controlli che secondo qualcuno sarebbero “tanto laschi”, nei fatti (e non nelle fantasie o nelle falsità), funzionano.