Una importante sentenza in cui un Tar rovescia l’interpretazione rigoristica del ministero dell’Interno sulla concessione del porto d’armi in caso di precedenti penali, anche dopo l’intervenuta riabilitazione. Cosa hanno detto i giudici?
Nel 1993 era stato colpito da un decreto penale di condanna per tentato furto aggravato. E per questo, oltre vent’anni dopo, la questura gli aveva negato il porto d’armi. Ma l’interessato ha fatto ricorso al Tar di Trento e ha vinto. Il Tar ha osservato che dopo un parere del Consiglio di Stato del 2014 la giurisprudenza è restrittiva. I giudici trentini, però, anche sulla base di una successiva pronuncia del Consiglio di Stato hanno osservato che l’amministrazione non può considerare le condanne risalenti nel tempo come se fossero un fatto immodificabile. Sul caso in esame, il Tar di Trento ha osservato che il decreto penale di condanna era stato convertito in una multa in considerazione del fatto che l’indagato era incensurato. A partire da questo, i giudici spiegano che il reato non può essere considerato ostativo al rinnovo del porto d’armi in maniera automatica. Secondo il tribunale, l’amministrazione dovrebbe valutare caso per caso, a partire dal comportamento successivo alla condanna. L’amministrazione, quindi, dovrebbe vedere se la persona ha tenuto una condotta senza commettere reati e, in tal caso, rilasciare il rinnovo del porto d’armi.