Dopo la circolare del ministero dell’Interno che stabilisce di doversi revocare o non rinnovare il porto d’armi a chi abbia precedenti, nonostante la riabilitazione, sono ormai numerosi i casi di notifica di un provvedimento del genere da parte di prefetture e/o questure. Nel caso in cui l’interessato decida di fare un ricorso al Tar, il presidente di Assoarmieri, Antonio Bana, sottolinea come sia fondamentale far caso a una “insidia” che potrebbe pregiudicare ogni successiva possibilità giudiziaria in sede amministrativa: spesso, prima di presentare la comunicazione definitiva di revoca o di rigetto del Porto d’armi, la questura o prefettura manda una comunicazione preliminare, offrendo all’interessato la possibilità di accesso agli atti e di presentare le proprie controdeduzioni entro 10 giorni dalla notifica. Ebbene, rispondere a tale invito entro i 10 giorni è fondamentale, perché se non si risponde ma, invece, si attende di ricevere il provvedimento definitivo per ricorrere poi al Tar, si potrebbe essere pregiudicati nelle proprie possibilità di difesa dall’aver mostrato “mancanza di interesse” nella critica fase preliminare. Quindi, è fondamentale ricordare a chi si trovasse in tale frangente di contattare al più presto il proprio legale e di richiedere l’accesso agli atti e presentare le proprie controdeduzioni entro i 10 giorni prescritti, prima di qualsiasi altra cosa.
Sempre il presidente dell’Assoarmieri segnala che, comunque, la battaglia è ancora tutt’altro che persa, visto che tra le recenti sentenze del Consiglio di Stato sull’argomento c’è quella del 31 maggio 2016 (sezione III) che in relazione ai motivi ostativi il rilascio del Porto d’armi indicati dall’articolo 43 Tulps concede all’autorità di ps “facoltà di valutare le circostanze ai fini del rilascio, quando il reato sia stato punito con la sola pena pecuniaria o quando sia stata esclusa la punibilità per speciale tenuità del fatto”.