A pochi giorni dal suo insediamento nella questura più importante d’Italia, quella di Roma, il neo questore Fulvio Della Rocca ha ordinato un giro di vite sui Porti d’arma. Il tentato omicidio di Ciampino, l’accoltellamento a Tor Bella Monaca, il pensionato dalla vita irreprensibile che spara al genero con una pistola regolarmente detenuta sono gli episodi che hanno fatto scattare la molla: «Valutati nell’insieme, sono episodi che creano allarme sociale; ma che non hanno nulla a che fare con la criminalità organizzata. Sono reati che rientrano nella sfera delle conflittualità familiari o personali, un campanello d’allarme che non può essere ignorato e che richiede precise misure d’intervento.
«Intendo un giro di vite sui Porti d’arma», continua il questore, «uno screening su tutte le licenze rilasciate e un controllo serrato sulle nuove richieste. Ci sono situazioni ed esigenze che con il passare degli anni possono cambiare. Prendiamo il caso del pensionato di Ciampino: era autorizzato a detenere un’arma, ma sussistevano ancora le esigenze affinché potesse detenerla? Ecco, questa è una delle prime cose che dobbiamo andare a verificare. Ho dato mandato ai responsabili degli uffici di avviare un controllo sulle licenze già rilasciate, sulla sussistenza delle esigenze che ne hanno giustificato il rilascio. Ho dato disposizioni di essere più scrupolosi e severi nella valutazione delle nuove domande e ho già firmato diverse revoche di Porti d’arma».
Ci risiamo. Quello del questore di Roma non è che l’ennesimo tentativo di “sparare nel mucchio”, un condensato di inutile demagogia ideologica. Ma se mai dovesse capitare che un comandante di stazione dei carabinieri spari al suo vice per motivi sentimentali, poi si suicidi, che facciamo, signor questore? Diciamo che è un reato che rientra nella sfera delle conflittualità familiari e ritiriamo la pistola a tutti gli uomini dell’Arma? Rifletta, signor questore! Rifletta…