Il nuovo sport preferito della upper class cinese non sarebbe più il golf, ma la caccia. L’ho letto a Pechino sul China daily. Secondo il quotidiano in lingua inglese l’amministrazione forestale cinese progetta il lancio di un club nazionale di caccia entro la fine dell’anno: il Dulan international park, nella provincia occidentale del Qinghai. Negli ultimi 20 anni, il governo aveva concesso licenze di caccia in quest’area ai soli cacciatori stranieri. Da Shalin, il d…
Il nuovo sport preferito della upper class cinese non sarebbe più il golf, ma
la caccia. L’ho letto a Pechino sul China daily. Secondo il quotidiano in
lingua inglese l’amministrazione forestale cinese progetta il lancio di un club
nazionale di caccia entro la fine dell’anno: il Dulan international park, nella
provincia occidentale del Qinghai. Negli ultimi 20 anni, il governo aveva
concesso licenze di caccia in quest’area ai soli cacciatori stranieri.
Da Shalin, il direttore del parco, non dubita che il governo centrale concederà
presto le autorizzazioni: «Quando la gente diventa ricca vuole praticare sport
di lusso, come il golf. Ma la differenza sta nel fatto che la caccia è più
avventurosa, regala emozioni diverse e aiuta gli abitanti delle grandi città a
rilassarsi».
Le agenzie di viaggio cinesi progettano di vendere pacchetti a clienti
particolarmente facoltosi. Da Guangzhou, capitale della provincia meridionale
del Guangdong, per esempio, Shalin ha ricevuto già 200 prenotazioni e si tratta
soprattutto di manager e uomini d’affari. È una buona notizia per i produttori
di armi italiani che all’Olimpiade di Pechino hanno raccolto medaglie e tanta
fama.
Quanto alla caccia, non si pensi a una gestione primitiva: i cinesi non sono
certo sprovveduti, anzi. Tuttavia, il dibattito è aperto. Secondo Cao Liang,
direttore dell’Associazione cinese per la conservazione dell’ambiente, un club
nazionale della caccia è l’ideale per coordinare il mercato, assicurare il
rispetto delle norme e coordinare tutti i parchi nazionali. Secondo il
professor Lu Zhi, esperto di ecologia di fama mondiale e insegnante presso l’
Università di Pechino, invece, i tempi per la caccia in Cina non sarebbero
ancora maturi: «Si potrà diffondere solamente con un continuo controllo di
esperti e guardiacaccia sulle specie protette e sulla preservazione di
esemplari femmina e dei cuccioli. Per questo spero che il governo non conceda
le autorizzazioni così facilmente. Alcune specie protette si trovano solamente
in Cina». È più che evidente. Ma persino il professor Liang farà bene a
informarsi sulla gestione faunistica, magari affidandosi all’esperienza
europea.
Ci sono già, immancabilmente, anche gruppi di cittadini e di animalisti pronti
a dar battaglia. A Chengdu, capitale della provincia Sud-occidentale del
Sichuan, un’asta pubblica in cui si assegnavano licenze a società straniere per
organizzare battute di caccia, è stata sospesa proprio in seguito alle proteste
di gruppi animalisti. La concessione delle licenze riguardava 289 esemplari di
14 specie diverse, tra cui per esempio yak (base d’asta 5 mila dollari) e lupi
(gli unici carnivori della lista, al prezzo base di 200 dollari). «Le proteste
sono andate al di là di quanto ci aspettassimo», ha dichiarato Wang Wei,
organizzatore dell’asta e funzionario dell’amministrazione, «ma gli animali
interessati dall’asta non erano esemplari di specie protette. L’intera
operazione è stata progettata per preservare l’ecosistema, privilegiando certe
specie e favorendo l’abbattimento degli esemplari in soprannumero di altre».
Questa notizia mi ricorda qualcosa. In Italia ambientalisti e animalisti hanno
diffuso le solite storie di ogni apertura (o pre-apertura che si è celebrata
quest’anno in addirittura 15 regioni): la supposta strage di caprioli (chissà
perché il cinghiale non colpisce così tanto la loro fantasia?) e quella dei
cacciatori impegnati a spararsi addosso o a sparare contro tutto quello che si
muove. Parlamento e governo non si sono mossi.
Invece le associazioni venatorie raccolgono firme per modificare la legge
quadro coalizzandosi in gruppi e gruppuscoli. Uno contro l’altro? Facile.
Esattamente come una certo modo di pensare vorrebbe i cacciatori. Niente di
stupefacente: spesso sono proprio così…