Si torna a parlare della possibilità di abolire il divieto di vendita delle armi corte in 9×19 mm in Italia. A farlo è Fratelli d’Italia che, tramite il senatore Giovanbattista Fazzolari, ha presentato un emendamento alla cosiddetta “legge europea” (Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea) che sarà in discussione in Senato nei prossimi giorni. “Si tratta di un divieto illogico”, ha commentato il senatore, “che non ha alcuna giustificazione, da nessun punto di vista. In termini di sicurezza, ricordo che in Italia è consentito l’utilizzo di armi comuni da sparo di calibro e potenza di gran lunga superiore. Da un punto di vista commerciale, faccio presente che l’Italia è l’unico Stato europeo dove vige tale divieto, con grave pregiudizio per i produttori italiani ed esteri, costretti a una duplice produzione. Financo in ambito sportivo l’Italia è costretta a subire un pregiudizio, visto che la Federazione Italiana Tiro Dinamico Sportivo, riconosciuta dal Coni e dalla Federazione internazionale Ipsc (International practical shooting confederation) è impossibilitata a organizzare in Italia competizioni internazionali per il divieto imposto agli atleti di introdurre sul suolo italiano le armi e le munizioni per lo svolgimento delle gare. Una serie di illogicità e anomalie, che si tramutano in evidenti distorsioni delle normali pratiche commerciali a danno dell’Italia e in una palese violazione delle regole di uniformità del mercato interno europeo, alle quali chiediamo al Governo di porre immediato rimedio con l’approvazione del nostro emendamento”.
Attualmente la situazione italiana relativa alle armi in 9×19 mm è a dir poco paradossale: dall’entrata in vigore del decreto legislativo 204 del 2010, infatti, possono essere legalmente vendute ai cittadini in possesso di porto d’armi le carabine (armi lunghe) in calibro 9×19 mm (le relative munizioni sono di conseguenza regolarmente in vendita nelle armerie), ma non le pistole (armi corte), per le quali vige un anacronistico e a questo punto inspiegabile divieto che, peraltro, non ha riscontro in alcun altro Paese dell’Unione europea.