L’Unione degli armigeri italiani (già Comitato direttiva 477) ha diffuso un comunicato nel quale stigmatizza la sciatteria con la quale gli organi di informazione hanno trattato la triste vicenda di Ardea. Lo riportiamo integralmente:
I drammatici fatti di Ardea, come tristemente prevedibile, hanno fornito lo spunto per il ritorno alla ribalta dei soliti professionisti del disarmismo col pieno supporto del più infimo “giornalismo” nazionale. E così anche un terribile caso di follia messa in atto con un’arma illegale da uno squilibrato già noto a tutta la sua comunità e che aveva dato in precedenza numerosi e gravissimi segni di instabilità diventa lo spunto per la riproposizione di iniziative legislative meramente ideologiche e vessatorie.
È infatti del tutto evidente che si tratti della ennesima tragedia del tutto evitabile mediante le ordinarie accortezze e procedure previste dall’ordinamento, soprattutto in considerazione dei numerosi elementi che avrebbero potuto anche singolarmente allertare sulla situazione di forte rischio, a cominciare dal fatto che sembrerebbe che l’assassino avesse già usato l’arma, detenuta illegalmente, per minacciare ed intimorire (perfino sparando in aria!!!) senza che le procedure previste venissero attivate, soprattutto alla luce della possibilità che si trattasse dell’arma detenuta in passato dal padre e di cui si erano perse le tracce. A tal proposito un punto va inoltre ribadito: l’arma utilizzata era incontestabilmente ed a tutti gli effetti detenuta illegalmente in quanto il detentore l’ha acquisita senza autorizzazione e la deteneva senza averla denunciata. E’ quindi senza dubbio falso affermare o lasciar intendere che l’arma fosse detenuta legalmente solo in quanto “ereditata” da chi legalmente la deteneva in precedenza.
Il tentativo di scaricare la responsabilità sulla categoria dei detentori legali di armi lamentando normative inefficaci risulta, ancora, deplorevole e strumentale alla promozione di interventi legislativi con finalità vessatorie nei confronti dei detentori stessi. Analogamente, ribadiamo, il tentativo di rappresentare come mera formalità le procedure per l’ottenimento delle licenze di porto d’armi se non addirittura come elusive di altri ipotetici divieti non solo manifesta l’ignoranza, la faziosità e la malafede di chi porta avanti certe posizioni, ma non si può che definire come una manovra volta ad influenzare l’opinione pubblica per spingerla ad appoggiare o tollerare proposte repressive sulla base di informazioni fuorvianti quando non completamente false. Dobbiamo perciò tristemente constatare che non abbiamo tanto un problema di armi quanto piuttosto di pessimo giornalismo.
Unarmi respinge con fermezza e vigore ogni accusa al sistema normativo ed alla pretesa minaccia sociale costituita dai cittadini detentori di armi e si impegnerà, come sempre, a contrastare qualsiasi proposta di carattere ideologico e vessatorio dovesse essere messa in atto strumentalizzando coloro che sono rimasti vittima non di altro che della mancata applicazione della normativa vigente.