Le sezioni unite della Cassazione si sono occupate del Tiro a segno nazionale, con una ordinanza che sta facendo molto discutere e fa scaturire legittime preoccupazioni tra i presidenti di sezione.
La materia del contendere era legata a un procedimento penale su distrazioni di fondi in una sezione Tsn e, in particolare, se a decidere su questo illecito fosse competente o meno la Corte dei conti, visto che una parte dei fondi che vengono incamerati dalle sezioni non avrebbero natura pubblicistica, bensì di diritto privato.
I giudici della Cassazione, con ordinanza n. 32418 dell’8 novembre scorso, hanno considerato che “La giurisprudenza di questa Corte ha in passato affermato che le Sezioni comunali della Unione Italiana di tiro a segno, al pari di tale Unione, di cui costituiscono parte integrante, hanno la qualità di enti pubblici non economici, operando con strumenti autoritativi e per finalità di ordine generale, e sono rimaste in vita, con detta qualità, anche dopo il riordino degli enti pubblici previsto dalla legge 20 marzo 1975 n. 70 (alla luce delle disposizioni dell’art. 31 della legge 18 aprile 1975 n. 110, sul controllo delle armi, nonché dell’art. 1 della legge 28 maggio 1981 n. 286, sull’iscrizione obbligatoria alle Sezioni medesime). Ne consegue la natura pubblicistica del rapporto di lavoro dei dipendenti di dette Sezioni e la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulle controversie ad esso inerenti (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4287 del 20/04/1991; conf. Cass. Sez. U, Sentenza n. 6319 del 22/06/1990)”.
I giudici hanno anche considerato che “l’attività delle sezioni sia finalizzata direttamente anche all’espletamento di compiti istituzionali ed evidentemente di rilevanza pubblicistica, e ciò nell’ambito di direttive e controlli assicurati da un ente che ha conservato natura pubblicistica, fruendo di entrate di natura diversa, ma anche di provenienza pubblica, e destinati appunto anche al perseguimento delle ricordate finalità pubblicistiche. L’assenza di previsione di una contabilità distinta a seconda della provenienza delle entrate e l’idoneità delle condotte distrattive ad incidere sull’attuazione dei fini pubblici, consente quindi di ritenere la controversia assoggettata alla giurisdizione contabile”.