Imbarazzante. È l’unico termine che ci viene alla mente per commentare le motivazioni e i retroscena sottesi ad alcuni dei contenuti del ddl che il deputato del Pd Walter Verini ha presentato alcune settimane fa alla Camera ed è attualmente all’esame della Commissione affari costituzionali di Montecitorio. Retroscena che sono stati illustrati dalla stessa viva voce del deputato, nel corso di una video-intervista realizzata da Arcicaccia (e visibile su Youtube CLICCANDO QUI).
L’esordio per la verità induceva a un certo ottimismo, nel senso che il deputato ha sottolineato di provenire da una regione, l’Umbria, nella quale la caccia è una tradizione radicata e alla quale Verini riconosce la capacità di portare equilibrio tra le specie faunistiche in eccesso e le attività umane: un punto di vista molto aperto e pacato, indubbiamente. La prima nota dissonante si ha quando, però, il deputato dice che il ddl in questione è destinato a incidere non sulle armi destinate alla caccia o al tiro sportivo, bensì su quelle destinate “a uso privato”. Affermazione dal significato oscuro che, tuttavia, viene ribadita più volte nel corso dell’intervista. Probabilmente, si vuol riferirsi con ciò ai detentori di armi che non vanno né a caccia né al poligono.
Dove, però, si giunge bruscamente a interrompere l’idillio è in occasione di alcune affermazioni di segno completamente opposto (in quanto a equilibrio di giudizio sulla materia) rispetto a quelle espresse sull’attività venatoria, come quelle secondo cui “tutti i giorni c’è un omicidio o un femminicidio perché c’è un’arma in tasca di qualcuno” (cosa che, dati alla mano, sappiamo essere falsa) ma soprattutto “Quando tu hai un’arma può capitare che prima o poi la usi, anche quando non ce n’è davvero bisogno” (come dire “se hai la patente prima o poi qualcuno sulle strisce pedonali lo investi”).
Ciò che desta maggior preoccupazione, perché emblematico della apparente superficialità con la quale Verini si è approcciato al problema delle regole che governano l’acquisto delle armi, è il commento in relazione al comma, inserito nel suo ddl, relativo all’istituzione dell’obbligo da parte delle armerie di comunicare “immediatamente” all’autorità di pubblica sicurezza l’avvenuto acquisto di un’arma da parte del cliente. Giova ricordare che, oggi, le armerie entro la fine della giornata sono già tenute ad annotare la vendita sul registro delle operazioni giornaliere e comunicare mensilmente le vendite all’autorità di pubblica sicurezza, mentre per parte sua, l’acquirente deve presentare denuncia entro le 72 ore dall’acquisto. Tutto ciò premesso, l’onorevole Verini, dopo aver illustrato gli adempimenti che il suo ddl vorrebbe rendere necessari per le certificazioni di idoneità psicofisica, chiosa: “Quando uno va ad acquistare un’arma ed esibisce questi certificati di abilitazione psicofisica, bisogna che si dia (parla dell’armeria, ndr) immediatamente comunicazione alla questura, perché la questura incrociando i dati di, esempio, Mario Rossi che vuole acquistare un’arma possa capire immediatamente se quel Mario Rossi abbia denunce per Stalking, minacce. È una spia che si può accendere”.
L’abbiamo dovuto riascoltare 3 volte, perché non riuscivamo a credere alle nostre orecchie (dal minuto 7 in avanti). Ma questo, quindi, vuol dire che secondo l’onorevole Verini, chi vuole acquistare un’arma va in armeria con i certificati medici e la compra? E l’attività istruttoria svolta da questure e prefetture per il rilascio del porto d’armi o del nulla osta? Che per inciso sono gli UNICI documenti ritenuti validi per l’acquisto di un’arma da parte del comune cittadino? E i poteri concessi dal Tulps all’autorità di pubblica sicurezza di ritirare i porti d’arma e le armi detenute, quando ci siano indizi sulla non completa affidabilità nell’uso delle armi da parte del cittadino? Poteri che vengono quotidianamente esercitati sulla base dell’incrocio tra eventuali denunce penali nei confronti di un cittadino e armi e licenze da esso detenute?
Ma quindi secondo Verini le nostre forze dell’ordine, oggi, verificano se ci sono denunce in atto per stalking o altri reati solo UN MESE DOPO che uno ha comprato un’arma? E non, invece, PRIMA di conferire al cittadino la possibilità di acquistarla? E costantemente sulla base del fatto che al cittadino sia stato dato un porto d’armi? E se di armi, quel cittadino, ne aveva già altre 10? Ma stiamo scherzando?
Altra affermazione emblematica della (non)precisione con la quale si sia inquadrato il fenomeno del possesso legale di armi in Italia è al minuto 10, quando Verini, spiegando la necessità di un regolamento per la tracciabilità delle armi, afferma che “Spesso le guardie giurate dovrebbero restituire l’arma quando vanno in pensione ma questo non sempre viene fatto”.
Cosa? Onorevole Verini, le guardie giurate nel 99 per cento dei casi la pistola se la devono comprare con i loro soldi e in Italia, fino a prova contraria, quando paghi per comprare una cosa, quella cosa poi è di tua proprietà! Quando una guardia giurata va in pensione, semplicemente perde il diritto ad avere il porto d’armi per difesa personale, ma può tranquillamente continuare a usare l’arma in poligono, come un qualsiasi cittadino italiano, con il porto di fucile per Tiro a volo, quello per caccia o eventualmente la vecchia “carta verde”. Perché è sua!
La domanda da porsi, a questo punto, è la seguente: sono concetti che l’onorevole Verini ha incardinato in un testo di legge in seguito a un suo proprio ragionamento, o gli sono stati inculcati da altri? Perché se questi “altri” sono stati presi come riferimento in quanto sedicenti “esperti” della materia, siamo evidentemente al cospetto di un disastro colossale, rappresentato non già da quella che può essere una opinione del tutto legittima sul fatto che i cittadini possano o non possano detenere armi, bensì dal fatto che un deputato della Repubblica sia indotto a mettere nero su bianco un testo di legge, sulla base di informazioni completamente distorte ed errate che, conseguentemente, comportano l’aggiunta nel nostro ordinamento giuridico italiano di regole completamente inutili, ridondanti o semplicemente prive di significato (quale è, appunto, il famigerato obbligo di comunicazione “immediato” delle armerie). Né d’altro canto si può avere la pretesa o la presunzione che un deputato o un senatore sia anche esperto di qualsiasi materia riguardante lo scibile umano, questo è chiaro. Ecco perché, visto il potere enorme che la Costituzione assegna a ogni singolo deputato o senatore (quello di iniziativa legislativa), è fondamentale che questo potere (che può potenzialmente incidere su milioni di cittadini) sia esercitato con la massima prudenza e con l’apporto di soggetti esperti (veri, non sedicenti) che abbiano un quadro effettivo della materia.
È agghiacciante però in effetti, in questo senso, la dichiarazione di Verini all’impietrito giornalista secondo la quale per mettere a punto questo testo “ho sentito anche associazioni come la vostra, come Arcicaccia, che ringrazio per il contributo” e “abbiamo evitato di compiere errori”. È chiaro che Arcicaccia avrà provveduto a fornire un riscontro sulle questioni di sua specifica competenza (ma le regole per l’acquisto delle armi non lo sono?), essendo tuttavia a questo punto il ddl non rivolto, nei suoi contenuti, direttamente ai cacciatori (come peraltro affermato più volte dallo stesso Verini), torna prepotentemente alla ribalta la domanda su quali siano le “altre” associazioni coinvolte e come mai a nessuna di esse (Arcicaccia inclusa, a questo punto) sia venuto in mente di evidenziare le evidenti incongruenze contenute nel testo, come quella secondo la quale chi intenda fare un porto d’armi abbia l’obbligo di avviso non solo ai conviventi ma anche agli ex fidanzati e fidanzate, senza un limite temporale, quindi a ritroso fino ai tempi delle scuole elementari?
Perché voi, che avete avuto la pazienza di leggere questo articolo fin qui, la vostra fidanzata di vent’anni fa, avete una vaga idea di come contattarla oggi?
Ci risuonano nelle orecchie le parole, espresse nel suo slang di italo-americano, della star di Masterchef, Joe Bastianich, diventate un vero e proprio tormentone social: “è come film di orrore”.
L’unico tenue motivo di speranza è il riferimento che l’onorevole Verini ha fatto in merito alla previsione di specifiche audizioni, se l’esame da parte della Commissione affari costituzionali andrà avanti. Fa ghiacciare il sangue nelle vene, però, a questo punto il pensiero su cosa possa emergere da queste audizioni, se le premesse sono queste.