In genere si crede che il fenomeno del bracconaggio in Africa si indirizzi soltanto e principalmente verso elefanti per l’avorio e rinoceronti per i loro corni. Al contrario, un esperto di fauna e specialista di traffici illegali nell’Africa dell’Est, Allen Mgaza, in un articolo su Tanzania Times ha evidenziato esserci altre specie che per loro sfortuna entrano negli interessi dei bracconieri, sempre all’erta per fare affari illegali. Tra le specie sotto pressione figurano gli gnu (wildebeest), curiosamente per le loro… code. Questa parte anatomica della preda finisce, infatti, nel filone della medicina asiatica e come ornamento per pratiche tradizionali. Alfan Rija, del Dipartimento della fauna selvatica della Sokoine university evidenzia inoltre che almeno 300.000 animali selvatici sono spariti dal parco Serengeti: molti di loro uccisi da bracconieri per il commercio illegale, ma moltissimi anche dalle popolazioni locali, sempre per il famoso uso del bush-meat. La pratica include, oltre al parco Serengeti, anche il Ngorongoro, la Maswa Game Reserve e la Loliondo Game controlled area in Tanzania, così come il Masai Mara al confine col Kenya.
Ancora una volta è così confermato che ovunque si introduca il protezionismo assoluto in Africa non c’è da parte dei governi né la possibilità, né i soldi, né tutto sommato nemmeno la volontà di sorvegliare adeguatamente gli immensi territori, che comprendono milioni di ettari di bush. Senza la capillarità delle compagnie preposte all’esercizio della caccia controllata e legale, che presidiano e controllano i territori, conoscono uno per uno i villaggi e spesso fanno collaborare (e retribuiscono) i relativi abitanti, non ci sarà mai la possibilità di tenere sotto controllo territori così immensi.