Con sentenza n. 11.539 del 29 dicembre 2022, la sezione terza del Consiglio di Stato ha confermato il rigetto del ricorso di un cittadino al quale è stato comminato il divieto di detenzione armi ex art. 39 Tulps perché denunciato alla procura della Repubblica per propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa per aver “esternato la sua adesione agli ideali nazifascisti attraverso il suo profilo Twitter”.
Tra i motivi del ricorso al Tar Toscana, il cittadino aveva eccepito che “da un lato, le sue esternazioni sarebbero state equivocate, dall’altro, che le condotte ascrittegli poste a base del divieto di cui all’art. 39 Tulps sarebbero da accertare ed, infine, che il Gip di Siena ha ritenuto che la didascalia su Twitter rientri nel legittimo esercizio della manifestazione del pensiero non essendo rilevabile, nella frase in questione, alcuna valenza negazionista o antisemita né alcun turbamento dell’ordine pubblico”.
Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso, confermando la decisione del Tar Toscana, osservando che “nel caso in esame, la valutazione negativa di affidabilità del soggetto circa l’uso corretto delle armi e il divieto di detenzione delle stesse è stata legittimamente ancorata a fatti che, al tempo in cui è stato adottato il diniego, giustificavano la prognosi di possibile abuso dell’arma. Assume rilievo dirimente, ai fini del sindacato di legittimità del decreto prefettizio, la circostanza che alla data di emissione del provvedimento il signor –OMISSIS- risultava denunciato alla Procura della Repubblica di Siena per l’ipotesi di reato di cui all’art. 604 bis c.p. ossia propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa per aver esternato la sua adesione agli ideali nazifascisti. La gravità del reato nonché il disvalore dei fatti contestati e l’allarme sociale suscitato, e non ultimo, le valutazioni contenute nell’informativa della Polizia, hanno ragionevolmente indotto il Prefetto a formulare un giudizio prognostico sfavorevole sulla sicura e assoluta affidabilità della persona in materia di armi che è esente da censure e privi dei vizi lamentati dal signor -OMISSIS-. Tale valutazione, non superando i limiti della palese irragionevolezza, rientra tra il “merito” non censurabile da questo Giudice. A tal riguardo non può assumere rilievo dirimente il fatto, di cui si duole parte appellante, che la Prefettura e il giudice di primo grado siano caduti in errore sul significato da attribuire ai fatti contestati non apparendo palesemente irragionevole né irrazionale la valutazione compiuta dall’Amministrazione. Anche il rilievo di parte appellante secondo cui i fatti posti alla base del provvedimento di divieto sono ancora oggetto di accertamento penale e, pertanto, non potrebbero essere posti a fondamento del divieto di cui all’art. 39 Tulps essendo espressione del diritto di critica di cui all’art. 21 Cost. non può assumere rilievo considerato che, come ricordato più volte dalla Sezione (n. 2974 del 2018 e n. 3502 del 2018), l’Autorità di pubblica sicurezza, nell’esercizio del suo ampio potere discrezionale, può considerare quali indici rivelatori della possibilità d’abuso delle armi, fatti o episodi anche privi di rilievo penale, indipendentemente dalla riconducibilità degli stessi alla responsabilità dell’interessato, purché il suo apprezzamento, come risulta nel caso di specie, non sia irrazionale e sia motivato in modo congruo. In conclusione la denuncia per il reato di cui all’art. 604 bis c.p., unitamente agli altri elementi evidenziati nel provvedimento impugnato, costituisce un’ipotesi ragionevole e probabile di inaffidabilità del soggetto”.