Sotto i 7,5 joule di energia sono di libera vendita ma, per molti aspetti, continuano a essere “armi”. Un vademecum per sapere cosa fare in ogni circostanza
Dal 2001, con l’entrata in vigore del decreto ministeriale n. 362 del 9 agosto, in Italia possono essere acquistate da qualsiasi maggiorenne le cosiddette armi ad aria o gas compressi “di modesta capacità offensiva”, intendendo con questo le armi ad aria o gas compressi che erogano una energia cinetica inferiore ai 7,5 joule. Al di sotto di questo limite sono di libera vendita, al di sopra invece sono considerate a tutti gli effetti come le armi da fuoco, quindi occorre il porto d’armi. Il fatto che siano di libera vendita, non vuole però dire che questo tipo di strumenti sia in tutto e per tutto assimilabile a semplici “giocattoli”: anzi, per molti aspetti continuano a essere pur sempre “armi” ed è opportuno che questi aspetti siano ben conosciuti dagli appassionati, per evitare che un bel gioco si trasformi in un grandissimo grattacapo legale. Ecco, quindi, un vademecum per districarsi in questo mondo senza fare passi falsi.
Quelle indicate dall’articolo 1 del decreto 362/01: “1. Le armi ad aria o a gas compressi, sia lunghe che corte, i cui proiettili sono dotati di un’energia cinetica, misurata all’origine, non superiore a 7,5 joule, sono armi con modesta capacità offensiva non assimilate alle armi comuni da sparo. 2. Le armi di cui al comma 1 possono utilizzare esclusivamente il funzionamento semiautomatico od a ripetizione semplice ordinaria e sono destinate al lancio di pallini inerti non idonei a contenere o trasportare altre sostanze o materiali”.
Che cosa significa questo? Be’, molte cose: innanzi tutto che non è previsto un limite massimo di calibro, ma ovviamente essendo fisso il limite massimo di energia, più è grosso il “pallino” e più dovrà essere leggero, perché al crescere del peso dovrà diminuire la relativa velocità, essendo l’energia cinetica il prodotto del peso per il quadrato della velocità diviso due. In secondo luogo, che non è consentita in Italia la commercializzazione di armi ad aria compressa o gas compressi funzionanti a raffica; in terzo luogo, che non è possibile acquistare legalmente in Italia pallini che contengano, per esempio, il capsicum (peperoncino) per uso antiaggressione. Le armi ad aria compressa possono essere corte (pistole, revolver), lunghe (fucili, carabine) e non hanno alcun limite nell’aspetto estetico, quindi possono essere sia di fantasia, sia repliche di armi da fuoco realmente esistenti (anche da guerra).
Per l’acquisto occorrono due cose: avere 18 o più anni compiuti e avere un documento di identità valido. Con questi requisiti ci si reca in una qualsiasi armeria e si può acquistare un’aria compressa di modesta capacità offensiva. ATTENZIONE: su Internet, molti siti (spesso stranieri) propongono la vendita per corrispondenza di aria compressa, ma la vendita per corrispondenza e la spedizione a domicilio sono VIETATE dalla normativa attualmente vigente. L’articolo 7 del decreto 362/01 infatti fa esplicito rinvio all’articolo 17 della legge 110/75 che, nella formulazione assunta dopo il 14 settembre 2018, non consente in alcun caso la spedizione a domicilio di qualsiasi tipo di arma e, nel caso di contratto a distanza, prevede comunque l’obbligo di ritiro dell’arma presso un’armeria.
ATTENZIONE anche ad acquistare fisicamente all’estero un’arma ad aria compressa, confidando che in regime di “Europa unita” acquistare in Italia, o in Francia, o in Germania sia la stessa cosa. NO! Ciascun Paese ha le PROPRIE regole su cosa si intenda per aria compressa di libera vendita e anche se tali normative possono sembrare SIMILI alla nostra, NON LO SONO. Per esempio, secondo la normativa tedesca il limite è sempre 7,5 joule, ma questo limite è inteso come valore medio delle energie rilevate con le differenti tipologie di pallini. In Italia, invece, NESSUN pallino di qualsiasi tipo o peso, deve superare il limite di 7,5 joule. Quindi le due normative NON sono intercambiabili. C’è anche un ulteriore problema: secondo quanto prevede l’articolo 5 del decreto 362/01, per importare dall’estero un’arma di modesta capacità offensiva, occorre comunque la licenza del questore (e nel caso si vogliano importare più di tre armi per anno solare, anche quella del prefetto). Per inciso, anche per esportare un’arma di modesta capacità offensiva non è sufficiente semplicemente caricarla nel bagagliaio della macchina e andare: ci vuole (art. 6 decreto 362/01) l’avviso al questore, secondo la metodologia del silenzio-assenso (entro 10 giorni dal ricevimento da parte della questura della comunicazione). Quindi OCCHIO, perché sulle armi di modesta capacità offensiva l’Europa NON è unita proprio per niente!
Un’aria compressa acquistata in Italia e in regola con la normativa italiana avrà innanzi tutto un numero di matricola leggibile, in secondo luogo un punzone che richiama alla potenza erogata (quindi con l’indicazione <7,5J) e infine l’indicazione del numero di conformità con il quale è stata classificata dalle autorità preposte (oggi il Banco di prova), quindi una dicitura “C.N.” e un numero (esempio, C.N. 262).
La detenzione non è soggetta a denuncia (art. 8 del decreto 362/01), non è previsto alcun limite al numero di aria compressa di libera vendita detenibili e non sono previsti neanche specifici obblighi di custodia (armadio blindato eccetera).
Per quanto riguarda il trasporto, l’articolo 10 del decreto specifica che deve essere effettuato “usando la massima diligenza” e che le armi “devono essere trasportate scariche, inserite in custodia”.
Cosa diversa dal trasporto è il “porto” (quindi con l’arma carica, pronta all’uso): in tal caso è l’articolo 9 del decreto a stabilire, tutto sommato in modo sibillino, che “Il porto delle armi di cui all’articolo 1 non è sottoposto ad autorizzazione dell’Autorità di pubblica sicurezza”. E che “Le armi di cui al comma 1 non possono essere portate fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa senza giustificato motivo. Non possono, inoltre, essere portate in riunioni pubbliche”. Cosa si intenda per “giustificato motivo” è il punto focale che ci impone di consigliare la massima prudenza sotto questo punto di vista.
Lo stesso articolo 9 stabilisce i criteri per l’impiego delle aria compressa di libera vendita: “L’utilizzo delle armi di cui al comma 1 è consentito esclusivamente a maggiori di età o minori assistiti da soggetti maggiorenni, fatta salva la deroga per il tiro a segno nazionale, in poligoni o luoghi privati non aperti al pubblico”. Quindi giardino di casa sì, se cintato (avendo cura di assicurare che i pallini non possano fuoriuscire dalla proprietà costituendo un pericolo per i terzi), bosco demaniale no. Per quanto riguarda i minori, è quindi necessario che siano “assistiti” da soggetti maggiorenni, perché l’articolo 7 del decreto vieta esplicitamente “l’affidamento a minori” delle armi in questione. Quindi, fargliele usare in presenza di un adulto è consentito, fargliele usare da soli senza adulti a guardare, non è consentito.
Se si cedono le armi a scopo di commercio, bisogna avere una licenza di vendita armi ex art. 31 Tulps, come specificato dall’articolo 7 del decreto. Se invece si cede una di queste armi tra privati (anche a pagamento, ma non costituisce la propria principale attività lavorativa), è sufficiente fare una scrittura privata, quindi una dichiarazione in carta libera (senza bollo) nella quale si indicano la data, le generalità di acquirente e venditore, gli estremi del documento di identità in base al quale si è potuta confermare l’identità dell’acquirente, e i dati dell’arma (marca, modello, calibro, matricola, numero di conformità). Anche per “prestare” l’arma, cioè darla in comodato, è necessaria la scrittura privata, a meno che il comodato non si esaurisca entro le 48 ore con la restituzione al proprietario. Quanto a lungo occorre conservare la scrittura privata di cessione? NON è indicato un termine, il consiglio prudente è quello di conservarla… vita natural durante, non si sa mai, ma comunque non meno di 10 anni.
L’articolo 10 del decreto stabilisce che le parti di armi di modesta capacità offensiva “non si considerano parti di arma comune da sparo”. Ne consegue che, per esempio, è possibile (questa volta sì) farsi spedire un componente di ricambio per corrispondenza, anche fosse la canna. Se, tuttavia, necessitano di riparazione o sostituzione componenti fondamentali come la canna o la carcassa, suggeriamo caldamente di fare riferimento a un’armeria, anche perché si tratta di componenti che, nella maggior parte dei casi, sono identiche a quelle delle aria compressa a piena potenza, che agli effetti di legge sono armi vere e proprie. Il rischio di spiacevoli contestazioni c’è.
Il decreto non indica particolari procedure per “gettare” un’arma ad aria compressa di modesta capacità offensiva che magari sia guasta o semplicemente che si è deciso di non voler più tenere. Ciò premesso, considerando che al numero di matricola dell’arma acquistata in armeria sono comunque associabili i nostri dati identificativi, la procedura più corretta a nostro avviso è quella di portare l’arma all’autorità di pubblica sicurezza per farla rottamare, facendosi rilasciare opportuno verbale.
Cosa si rischia in caso di mancato rispetto delle regole fin qui evidenziate? Be’, innanzi tutto una sanzione amministrativa prevista dall’articolo 16 del decreto, che va da 1 a 6 milioni delle vecchie lire, più ulteriori sanzioni amministrative previste dagli articoli da 17 bis a 17 sexies del Tulps “in quanto compatibili”; il problema però è che, in particolare per quanto riguarda l’acquisto per corrispondenza (o anche di persona) dall’estero, si rischia di portare in Italia oggetti che per la legge italiana non sono né di libera vendita né di modesta capacità e, quindi, sono armi a tutti gli effetti, il che significa che passare dalla sanzione amministrativa al procedimento penale, rischia di essere un attimo.