La drammatica vicenda di Sirolo, il paese dell’Anconetano nel quale un giovane è stato ucciso con un colpo di fucile subacqueo per una banale lite di viabilità stradale, evidenzia che può cambiare lo strumento utilizzato, ma la mentalità resta, purtroppo, ottusamente la medesima. Parliamo, in particolare, dei titoli, dei sommari e dei pezzi della cronaca (in particolare locale), che dopo essersi occupata del fatto in sé, è passata molto rapidamente alla demonizzazione dello strumento impiegato: “Bastano 50 euro e 16 anni per avere il fucile subacqueo che ha ucciso Klajdi”, titola il Corriere adriatico, ricordando nel sommario che lo strumento “ha capacità offensive mortali”. Fa loro eco Ancona today, che sottolinea come il fucile subacqueo in questione sia “acquistabile da chiunque” ed “equiparato a una canna da pesca”, salvo poi precisare che la normativa (non citata, peraltro) prevederebbe che il caricamento avvenga solo in acqua e che, in presenza di bagnanti, l’uso avvenga solo a 500 metri dalla costa.
La mentalità, dicevamo, è quella che già si riscontra nei ritornelli e refrain che tocca sciropparsi quando un delitto è commesso con un’arma da fuoco legalmente detenuta, la quale peraltro non è di libera vendita. È, tuttavia, identica la forma mentis: se una persona uccide un’altra con un’arma legale, la questione (come a suo tempo dichiarato dall’allora segretario Pd Enrico Letta, con ammirevole superficialità) è “togliere le armi dalle case degli italiani”. Se, invece di un’arma da fuoco, tuttavia si utilizza un altro strumento, guarda caso persino di libera vendita, allora il giochino è chiedersi, con sgomento, come mai lo strumento in questione sia di libera vendita.
Ma qualcuno, di preciso, ha provato a domandarsi quanti strumenti potenzialmente letali (e letali “di brutto”, non per sentito dire) sono liberamente acquistabili nei negozi oppure on-line? Trapani, martelli pneumatici, decespugliatori, machete, forbici, coltelli, mannaie… e potrei continuare all’infinito! Un negozio di ferramenta avrebbe dignità, se solo i colleghi dei quotidiani non specializzati vi si soffermassero, di “vero e proprio arsenale”, per usare il paragone da anni abusato in queste circostanze. Ma secondo costoro, è anche solo lontanamente ipotizzabile sottoporre a vincoli sull’acquisto ogni singolo oggetto che, se utilizzato in modo improprio o criminale da persone prive di scrupoli o sciroccati mentali o combinazioni delle due cose, potrebbe ferire seriamente o uccidere? Ma non sarà che, ancora una volta, il problema non è lo strumento bensì l’autore del gesto?