Nel corso della propria visita nella città tedesca di Solingen, teatro di un terribile attentato terroristico a colpi di coltello che è costato la vita a tre persone e ne ha ferite altre nove, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha annunciato sia un inasprimento delle norme sull’espulsione dei cittadini stranieri che non hanno i requisiti per rimanere nel Paese (come è stato il caso dell’attentatore, un richiedente asilo siriano), sia in merito alla normativa che disciplina il porto in pubblico dei coltelli. Per la verità un intervento sul tema era già stato annunciato meno di un mese fa, resta tuttavia da capire, al di là delle evidenti necessità di tipo “politico” nel fare un annuncio di questo genere, quale in concreto sia la validità, l’efficacia di un divieto di porto di coltelli che vada a sanzionare chi venga trovato in pubblico con lame di lunghezza superiore ai 6 centimetri, rispetto agli attuali 12. In altre parole: nello specifico frangente di quanto è accaduto a Solingen, può un terrorista islamico, che ha progettato di uccidere una molteplicità di persone con precisi colpi alla gola, essere “intimorito” dal fatto che il porto del coltello da cucina con il quale intenda compiere la strage, sia vietato? E dall’altra parte: in quale modo questo specifico divieto potrebbe agevolare le forze dell’ordine nell’identificare, perquisire, arrestare e poi sanzionare i trasgressori? Forse che i “portatori di coltello vietato” l’avranno scritto in faccia?
Purtroppo questo evento luttuoso ha evidenziato, come sta accadendo in Gran Bretagna, che le iniziative politiche di contrasto alla criminalità che si basano su interventi di tipo repressivo concentrati sugli strumenti utilizzati, sono arrivate al capolinea. I coltelli sono presenti in ogni singola casa di ogni singolo abitante del pianeta, e non possono essere “estirpati”.