Non gli rinnovano il porto di pistola: legittimo ritirare quello vecchio!

Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso di un cittadino che, oltre al mancato rinnovo del porto di pistola per difesa personale, si è visto ritirare quello ancora in corso di validità rilasciato meno di un anno prima

Con sentenza n. 15742 dell’8 agosto 2024, Il Tar del Lazio, sezione prima stralcio, stabilisce un inedito precedente giurisprudenziale, ovviamente di carattere peggiorativo, nella ormai pluridecennale lotta da parte della pubblica amministrazione nei confronti del porto di pistola per difesa personale.

Nello specifico, il cittadino aveva presentato ricorso nei confronti dell’autorità di pubblica sicurezza perché quest’ultima, oltre ad aver rigettato la richiesta annuale di rinnovo del porto di pistola per difesa personale, con il medesimo provvedimento ha anche disposto il ritiro della licenza già a suo tempo rilasciata, che ancora era in corso di validità.

Il difensore ha motivato, nello specifico, il ricorso argomentando che “Il ritiro anticipato della licenza di porto d’arma costituirebbe vera e propria revoca. Dalla lettura della comunicazione ai sensi dell’articolo 10 bis della legge n. 241/1990 si evince come essa si riferisca solamente alle ragioni che potrebbero indurre l’Amministrazione a non rinnovare la licenza alla scadenza e non si fa alcuna menzione del ritiro anticipato. Quindi il procedimento di diniego del rinnovo di una licenza è cosa totalmente diversa da quello della revoca. Infatti, mentre il diniego di rinnovo deve avere come oggetto di indagine una valutazione ex novo sulla modificazione della situazione giustificativa della originaria concessione, la revoca deve avere ad oggetto il riesame del medesimo atto concessorio. Nulla di tutto ciò è dato rilevare nella comunicazione ex articolo 10 bis notificata al ricorrente, per cui l’atto di revoca (ritiro della licenza di porto di pistola) è avvenuto senza alcun avvio del procedimento previsto dall’articolo 7 della legge n. 241/1990”.

I giudici tuttavia non hanno ritenuto valide queste motivazioni, respingendo il ricorso con la seguente motivazione: “La censura abilmente articolata non ha tuttavia pregio, atteso che i due atti si pongono in rapporto di logica conseguenzialità anche sotto il profilo motivazionale. Ritiene il Collegio che il diniego di rinnovo, alla luce di una rinnovata valutazione dell’assetto degli interessi prospettati nella vicenda concreta, ha come logica conseguenza la cessazione della titolarità del permesso e quindi il ritiro immediato del titolo, in disparte l’uso non perspicuo da parte ricorrente del nomen iuris “revoca”. La Questura ha infatti ritenuto espressamente che, allo stato attuale, non si evincono situazioni di pericolo concreto, tali da diversificare la situazione del suddetto da quella della generalità dei cittadini, sottolineando che quanto indicato rimandava a situazioni di rischio generiche e meramente eventuali ed evidenziando che per l’esercizio dell’attività dichiarata non si rileva alcuna necessità di circolare armato (“Mancano fatti specifici che facciano ritenere che l’istante sia verosimilmente esposto ad un concreto e specifico rischio per la propria incolumità personale tale da porlo in condizione differenziata rispetto agli altri cittadini”). Tali circostanze di fatto costituiscono motivazione adeguata del provvedimento”.