Dal 1993 esiste in Repubblica ceca un’azienda poco conosciuta, che produce armi: è la Alfa-Proj. Offuscata un po’ dalla grande connazionale Cz, ha iniziato la sua produzione con revolver in calibro .22 lr e .38 special destinati alla difesa. Si è poi inserita nel mercato con i .357 magnum, sempre per difesa, per poi tentare la strada del tiro sportivo con canne lunghe sei pollici e mire regolabili. È senza dubbio una scelta coraggiosa, per entrare in un mercato ampiamente dominato dai grandi produttori americani che, proprio per la spietata concorrenza interna, hanno affinato le relative produzioni offrendo infinite combinazioni di prodotti diversificate a seconda del loro utilizzo, da una possibilità di scelta di materiali più o meno pesanti, da un assortimento di calibri da far impazzire i collezionisti, per non parlare delle lunghezze di canna e le varie versioni commemorative, di lusso, eccetera.
Come inserirsi dunque in questo mercato che qualitativamente ha raggiunto gli apici nella produzione di armi a rotazione, dopo 170 anni di evoluzione? La via proposta dalla Alfa-Proj è la semplicità e i costi contenuti. Basti pensare che i pezzi necessari a produrre il modello 3561, da noi testato nella versione con canna di 4 pollici (102 mm), sono 48, contro i 63 mediamente utilizzati per un Ruger, i 74 di uno S.&W. e i 94 del Manurhin Mr73. Ma un numero basso di elementi è in grado di offrire le qualità minime per soddisfare le diverse esigenze di impiego? Il primo approccio è quello visivo: nell’insieme rappresenta un discreto risultato, grazie a ponticello rastremato, full lug, elegante cresta del cane allungata e proporzioni ben equilibrate. L’impugnatura non si adatta molto bene al tiro a due mani, in quanto il dito medio della mano forte affonda troppo nell’incavo delle guancette e la mano debole deve trovare il suo appoggio solo sulle ultime due dita della mano forte. Le guancette sono poco inserite nel telaio, avremmo preferito quelle in legno liscio leggermente sagomate proposte dalla stessa azienda, che sono meno accentuate nella curva sotto il ponticello e più assottigliate nella parte vicina all’elsa. Il grip, però, è buono e la superficie di gomma ricoperta di palline ruvide svolge bene il suo lavoro e non fa scivolare l’arma di mano con gli energici colpi .357 magnum. Spingiamo la leva di apertura del tamburo e, dopo averlo fatto basculare, notiamo subito la lavorazione counterbore sulle camere, pregevole soluzione per l’alloggiamento del rim delle cartucce nella camera del tamburo.
La parte interna della leva di sgancio del tamburo serve anche a garantire la sicurezza del revolver, impedendo l’armamento del cane a tamburo non perfettamente chiuso (per evitare di sparare cartucce non esattamente allineate alla canna) e impedendo la sua apertura a cane armato. Altra particolarità è la stella estrattrice, che non è dotata di tradizionali dentini atti alla rotazione, ma di mezze sfere sulle quali scorre l’asta del bocciolo, comandata dal grilletto. Gli accoppiamenti sono veramente validi e il tamburo dotato di sei camere, che ruota in senso antiorario, si ferma con precisione sul cylinder stop (l’astina posizionata nella parte inferiore del telaio, che protrude in basso a destra). Sfiliamo la guancetta monopezzo, che non è tenuta in sede dalla classica vite passante, ma da due viti distinte, che si ancorano direttamente nel metallo dell’impugnatura. Svitiamo le tre viti che bloccano la cartella laterale. L’interno ci mostra un gruppo di scatto la cui meccanica è di derivazione Smith & Wesson, anche se estremamente semplificata. Il funzionamento ci ricorda un po’ quello dei revolver Weihrauch o del connazionale Kora Brno, con molla di ritorno del grilletto a filo.
Una particolarità comune al Kora è quella di aver inserito la molla che spinge in avanti il dente di rotazione, con relativo pistoncino, in una sede all’interno della cartella. Questo comporta che, per rimettere a posto la cartella, si deve prima mettere in compressione il pistoncino, infilando una graffetta dentro un piccolo foro appositamente ricavato. Una volta richiusa la cartella, si sfila la graffetta e il pistoncino si posiziona correttamente. Per smontare il cane, lo si deve liberare dalla grossa spina centrale e alla fine può essere sfilato dall’alto. All’interno notiamo molti segni di utensile, che non aiutano certo a migliorare la scorrevolezza del meccanismo di scatto. La spinta del cane viene affidata a una molla elicoidale che non ha alcuna possibilità di regolazione, anche se, dai nostri test, è risultata affidabile in battuta senza comunque essere troppo dura. Purtroppo il sistema di scatto in generale non fornisce grandi sensazioni nel tiro in Doppia azione: non c’è possibilità di controllo graduale dell’azione e non si affina il tiro nella fase terminale di trazione. Ne deriva che il controllo dello scatto risulta poco agevole e compromette il tiro a una certa distanza.
Abbiamo provato a sparare un po’ di colpi in Doppia azione, sia in .38 special, sia in .357 magnum, e in entrambe le occasioni le difficoltà non sono mancate nel tenere una rosata piuttosto stretta. Molto meglio la Singola azione che, seppur non sempre regolare (per la sensazione di un mini-scalino poco prima della caduta del cane), ha consentito di ottenere rosate molto strette, in particolare con le palle wad cutter. Il peso dello Scatto in singola azione si aggira intorno ai 1.800 grammi e ci sembra adeguato alla tipologia di arma. Una sensazione di non familiarità deriva dall’ inclinazione dell’impugnatura, caratteristica infelice che segue un po’ tutta la produzione europea dei revolver: l’angolo è poco accentuato, elemento anche questo migliorabile con la sostituzione delle guancette che, con la loro elsa ispessita, rendono più squadrato il telaio, rievocando vagamente il fantasma del Rast Gasser 1898 e aumentando, contemporaneamente, la distanza dal grilletto. Molto bello risulta il mirino dotato di rampa, in parte zigrinata, con inserto arancione sulla sommità, così come comodo è il suo sistema di sostituzione, con una minuscola vite inserita sopra il vivo di volata. Meno importante invece la tacca di mira, che, se pur resa regolabile, non ha una foglia sufficientemente ampia per il tiro di precisione. Destinato al tiro target invece è il grilletto, con zigrinature longitudinali su tutta la sua superficie, che risulta quindi troppo ampio per il tiro in Doppia azione. È un’ arma con caratteristiche più da difesa, per un porto in divisa con fondina esterna, e questo giustifica la tacca dalle dimensioni ridotte, ma non la forma del grilletto. La regolazione della tacca avviene in modo contrario alle tradizionali tacche Smith & Wesson: se, per esempio, si vuole abbassare il tiro si dovrà svitare la vite superiore, che farà scorrere l’intera tacca nella sua filettatura, facendola scendere. Il revolver è risultato quasi tarato in derivazione, abbiamo solo alzato un po’ il tiro. Così facendo è risultato perfetto con alcune combinazioni, mentre con altre le rosate, ottenute alla distanza di 18 metri, sono risultate leggermente spostate a sinistra.
Il miglior risultato lo abbiamo ottenuto con 3,7 grani di Rex Gialla e palla di 148 grs Lwc della Fiocchi (innesco e bossolo Fiocchi): quattro dei cinque colpi sparati si toccano e uno solo è fuori di un paio di centimetri. Buone rosate le abbiamo ottenute con le palle Target bullets, sia con le Lswcbb di 155 grani, sia con le Swc Gold di 158 grani. Le cartucce sparate con le cariche .357 magnum non hanno fornito, al cronografo Ced Millenium con barriere infrarosse poste a 2 metri, velocità particolarmente elevate: il massimo dell’energia (57 kgm) l’abbiamo ottenuto con la solita Winchester 296, impiegando 18,6 grani, innesco Cci Small pistol magnum e palla Sjsp della Fiocchi di 125 grani. Una messa a punto dello scatto e la sostituzione della tacca con la stessa fornita dalla Alfa- Proj per il modello Sport con canna più lunga, farebbe senza dubbio bene a questo revolver quattro pollici classificato sportivo. Non è così punitivo come ci si può aspettare inizialmente e le cariche di oltre 50 kgm si digeriscono bene in mano. Come sempre, la Ici Revolver 1 si comporta come una polvere sputafuoco e, per quanto coreografica, investe tutto ciò che circonda nel raggio di un paio di metri. La canna è avvitata al fusto ed è ricoperta da un manicotto di acciaio (da qui il nome Alfa steel inciso sul lato sinistro della canna). La lavorazione delle rigature ci è sembrata egregia, così come la cura del vivo di volata. Un po’ macchinoso risulta essere lo smontaggio del tamburo, da eseguire una tantum per la pulizia approfondita, che richiede un’ altra spina per svitare la quarta vite, posta anteriormente. L’asta di espulsione è un po’ corta e non velocizza l’uscita dei lunghi bossoli del .357 magnum, gli accoppiamenti del giogo con il tamburo sono invece molto precisi e lo spazio esistente tra canna e tamburo (gap) è ridotto al minimo. La cresta del cane, seppur pronunciata e dal profilo piacevole, ha una zigrinatura poco marcata e si rischia di perderla in fase di armamento, con mani leggermente sudate o unte. La transfer bar, però, salva da eventuali percussioni non volute, in quanto si solleva soltanto quando il grilletto è completamente premuto. In caso contrario, il cane ha uno zoccolo anteriore che urta contro il fusto prima che il percussore possa essere raggiunto.
Quest’ultimo è di tipo flottante ed è inserito nel castello. Il revolver, avvolto in un sacchetto di nylon, è contenuto in una valigetta di plastica nera imbottita, con un paio di scovolini e le istruzioni sulla sicurezza, che però non sono sufficientemente approfondite per lo smontaggio e la pulizia interna. Dal 2002 la Alfa-Proj ha rivolto lo sguardo verso pistole per impiego militare e da difesa civile, inserendo nel catalogo polimeriche in 9 mm, .40 S.&W. e .45 acp ed estendendo la produzione a manette e fondine. Queste ultime sono tutte destinate al porto, a sottolineare l’impiego principale di questa serie di revolver. Nessun esemplare è destinato al tiro dinamico, e il .357 magnum da noi provato presenta caratteristiche miste, che ci fa rimanere incerti sulla destinazione. Infatti non è realmente per un uso sportivo, ma contemporaneamente non perde del tutto le caratteristiche da buon impiego al poligono, un po’ come avviene per tutti i revolver con canna di quattro pollici. Le guancette sono di gomma tipo surface pattern, ma c’è un’ampia scelta offerta dai produttori, e sono disponibili, oltre a quelle in legno liscio, anche in un tipo anatomico regolabile per il tiro di precisione. Queste sono più adatte al modello 3563 Sport, che presenta una tacca di mira regolabile di dimensioni adeguate, un mirino a lama ben pronunciato e un contrappeso di serie posto su tutta la lunghezza di canna. A completare la produzione Alfa-Proj ci sono interessanti revolver-carbine con lunghezze di canna da 12 a 20 pollici, che hanno meccanica revolver e silhouette di carabina, dotati di mire tradizionali o attacchi per ottica.
SCHEDA TECNICA
Produttore: Alfa – Proj, www.alfa-proj.cz
Importatore: Tfc spa, via Marconi 118/b, 25069 Villa Carcina (Bs), tel. 030.89.83.872, fax 030.89.80.357, www.tfc.it, info@tfc.it
Modello: 3561
Tipo: pistola a rotazione
Calibro: .357 magnum
Impiego specifico: tiro sportivo
Numero colpi: 6 Meccanica: telaio chiuso con tamburo basculante sul lato sinistro e rotante in senso antiorario
Scatto: Azione mista
Percussione: indiretta mediante cane esterno e percussore flottante
Sicura: automatica al percussore, automatica al cane (a tamburo aperto l’arma non può scattare, a cane armato non si può aprire il tamburo)
Canna: lunga 4 pollici (102 mm) Mire: tacca di mira regolabile, mirino red ramp sostituibile
Materiali: acciaio Finiture: brunitura nera opaca Peso: 1.150 grammi
Numero del catalogo nazionale: 17.736 (arma sportiva)
Prezzo: 550 euro, Iva inclusa