Cacciatori contro la trichinellosi
La regione Sardegna si affida ai cacciatori per combattere la trichinellosi. Causata dalla Trichinella, un parassita che si incista con le proprie larve a livello della muscolatura striata, determina nell’uomo forti disturbi muscolari e, in alcuni rari casi, anche la morte. Finora sembrava che la Sardegna fosse “un’isola felice” poiché libera dal parassita che, tra le sue caratteristiche, non ha bisogno di ospiti intermedi per crescere e compie tutto il proprio ciclo …
La regione Sardegna si affida ai cacciatori per combattere la trichinellosi.
Causata dalla Trichinella, un parassita che si incista con le proprie larve a
livello della muscolatura striata, determina nell’uomo forti disturbi muscolari
e, in alcuni rari casi, anche la morte. Finora sembrava che la Sardegna fosse
“un’isola felice” poiché libera dal parassita che, tra le sue caratteristiche,
non ha bisogno di ospiti intermedi per crescere e compie tutto il proprio ciclo
all’interno dello stesso ospite. Identificata dall’istituto superiore di Sanità
come Trichinella bruitovi, è invisibile a occhio nudo e si localizza nei
muscoli di alcune specie sensibili come il cinghiale, ma anche il maiale, il
cavallo (parassitizza anche i canidi e i ratti). Si trasmette attraverso il
consumo di carni crude, poco cotte oppure stagionate male. Il caso è avvenuto a
Orgosolo (Nu), dove una persona si è nutrita di salsicce preparate con carni
provenienti da una scrofa allevata allo stato brado. Subito è scattato il
decreto dell’assessore regionale alla Sanità Nerina Dirindin, rendendo
obbligatorio l’esame trichinoscopico su tutti i cinghiali cacciati in Sardegna.
I cacciatori dovranno soltanto prelevare campioni di muscolo diaframmatico (per
la precisione i pilastri del diaframma) da consegnare alle Asl competenti. L’
esame sarà poi eseguito dall’Istituto zooprofilattico competente che garantirà
un esito ritirabile in pochi giorni.
Anche se una cottura completa (la carne all’interno deve raggiungere almeno i
71 °C per almeno 15 minuti) e una conservazione a -15° C per non meno di 4
settimane garantiscono la sterilizzazione, soltanto l’esame trichinoscopico
garantisce la sicurezza. Soltanto con la collaborazione dei cacciatori è
possibile ottenere un successo nei confronti della parassitosi ed è necessario
che gli stessi consegnino alle Asl anche le carcasse delle volpi morte ed
evitino di abbandonare le frattaglie e le carcasse di animali morti alla mercé
dei nocivi o dei cani selvatici.