Negli ultimi anni, alcune centinaia di cacciatori trentini sono stati sanzionati perché si sono recati a caccia in altre regioni, pur muniti del tesserino venatorio rilasciato dalla loro provincia autonoma. Il punto è che, diversamente dai cacciatori di altre regioni d’Italia, la provincia autonoma li obbliga a cacciare solo nel territorio di residenza e non sono previste deroghe. Il fenomeno è tutt’altro che trascurabile, visto che l’ammontare delle sanzioni irrogate (e ancora non riscosse nella maggior parte dei casi) ammonterebbe a ben 3,5 milioni di euro. La riscossione è stata finora ritardata dal fatto che molti di questi cacciatori, hanno presentato opposizione alla sanzione, non tanto per l’ammontare pecuniario, quanto perché il provvedimento è spesso accompagnato dalla sanzione accessoria della sospensione per un anno del porto d’armi. Sanzione che appare eccessiva, soprattutto perché è lampante la buona fede degli autori dell’illecito. Di questo problema di scarsa coordinazione tra la normativa trentina e la legge nazionale sulla caccia, che invece consente un certo grado di mobilità ai cacciatori italiani, si è occupato il Senato, che all’inizio dello scorso ottobre ha approvato un provvedimento ad hoc che permetterebbe di sanare la situazione. Il provvedimento, però, non è ancora stato licenziato dalla Camera dei deputati.
Cacciatori trentini “bastonati” fuori provincia
Negli ultimi anni, alcune centinaia di cacciatori trentini sono stati sanzionati perché si sono recati a caccia in altre regioni, pur muniti del tesserino venatorio rilasciato dalla loro provincia autonoma. Il punto è che, diversamente dai cacciatori di altre regioni d’Italia, la provincia autonoma li obbliga a cacciare solo nel territorio di residenza e non sono previste deroghe