La sezione V penale della corte di Cassazione è tornata a dedicarsi, con sentenza n. 10.691 del 24 marzo 2022 (udienza del 7 dicembre 2021) al concetto di “giustificato motivo” che deve, come è noto, ricorrere per considerare legittimo il porto di un coltello, così come disposto dall’articolo 4 della legge 110/75.
Nel caso di specie, l’imputato è stato oggetto di controllo da parte delle forze dell’ordine ed è stato trovato in possesso di alcuni coltelli sul proprio veicolo. Il soggetto ha giustificato la presenza dei coltelli affermando che gli fossero necessari per la propria attività di fruttivendolo, ma gli operatori di Ps hanno ritenuto comunque di inoltrare la notizia di reato, confermata dal giudice di primo grado e d’appello, perché, nonostante il difensore avesse prodotto documentazione relativa alla professione svolta dal cittadino, quest’ultima era stata ritenuta “inconferente rispetto ai fatti accaduti tre anni prima” ma soprattutto “che nessuna attualità potesse attribuirsi al porto di coltelli alle 01:00 della notte rispetto ad un’attività meramente presunta della quale non vi era traccia all’interno del veicolo”. Per contro, il cittadino era invece risultato in possesso di hashish.
Il difensore ha contro-dedotto, nel ricorso in Cassazione, che “la disponibilità del coltello era compatibile con l’asta dei mercati generali dell’ortofrutta all’alba” e che non possa imputarsi al cittadino “il mancato compimento da parte della polizia giudiziaria di ulteriori e più specifiche verifiche relative alla sua attività di fruttivendolo”.
La corte ha respinto il ricorso, argomentando che “La giurisprudenza di legittimità ha già affermato che il “giustificato motivo” del porto degli oggetti di cui all’art. 4, comma secondo, legge 18 aprile 1975, n. 110, ricorre solo quando particolari esigenze dell’agente siano perfettamente corrispondenti a regole comportamentali lecite relazionate alla natura dell’oggetto, alle modalità di verificazione del fatto, alle condizioni soggettive del portatore, ai luoghi dell’accadimento e alla normale funzione dell’oggetto (Sez. 1, n. 578 del 30/09/2019 – dep. 2020, Brahime, Rv. 278083 – 01; conf. Sez. 4, n. 49769 del 14/11/2019, Rhimi, Rv. 277878 – 01; cfr. pure Sez. 1, n. 41098 del 23/09/2004, Caruso, Rv. 230630 – 01: non ricorre il giustificato motivo idoneo ad escludere il reato di cui all’art. 4, comma secondo, Legge n. 110 del 1975 (porto ingiustificato delle cosiddette armi improprie), qualora il porto di un coltello, fuori dalla propria abitazione, sia destinato a tagliare una modica quantità di hashish, acquistata per uso esclusivamente personale, in quanto l’illecito acquisto di sostanze stupefacenti, per uso personale, è tuttora soggetto a sanzione amministrativa)”.
La corte ha osservato inoltre che “il “giustificato motivo” rilevante ai sensi dell’art. 4 della legge 18 aprile 1975, n. 110, non è quello dedotto a posteriori dall’imputato o dalla sua difesa, ma quello espresso immediatamente, in quanto riferibile all’attualità e suscettibile dì una immediata verifica da parte dei verbalizzanti (Sez. 1, n. 19307 del 30/01/2019, Naimi, Rv. 276187 – 01; Sez. 1, n. 18925 del 26/02/2013, Carrara, Rv. 256007 – 01; cfr. pure Sez. 1, n. 4696 del 14/01/1999, Zagaria, Rv. 213023 – 01: il porto di uno strumento da punta o da taglio atto a offendere è da ritenere giustificato soltanto nel caso in cui la circostanza legittimatrice rivesta carattere di attualità rispetto al momento dell’accertamento della condotta altrimenti vietata; e Sez. 1, n. 41098/2004, cit.)”.
I giudici hanno osservato inoltre che il tribunale d’appello “pur tenendo conto dì quanto rappresentato dall’imputato agli operanti, ha escluso che vi fossero elementi che permettessero di affermare che il porto dei coltelli fosse giustificato, rimarcando il difetto di alcuna traccia all’interno del veicolo dell’imputato, nel quale erano custoditi i coltelli, che consentisse di correlarne la disponibilità, nel momento in cui è stato sottoposto a controllo dai militari (in particolare, alle ore 1.00 del mattino), all’attività lavorativa di fruttivendolo; ed ha rilevato che l’unica correlazione possibile potesse ravvisarsi rispetto alla sostanza stupefacente di tipo hashish che (omissis) pure deteneva, osservando che essa tuttavia non avrebbe consentito di qualificare lecito il porto dei coltelli; e ha negato che potesse attribuirsi rilevanza alta documentazione offerta in giudizio, rilevando la distanza cronologica (di tre anni) rispetto al fatto”.
Per questo motivo, è stata confermata la condanna.