Cervi a conduzione regionale

Nel Parco nazionale dello Stelvio prenderà il via anche quest’anno l’abbattimento selettivo dei cervi in sovrannumero: come mai non si assiste alle proteste animaliste come in Abruzzo?

Tanto per fare confronti, utili a individuare la malafede nei vari dibattiti, vediamo cosa farà a brevissimo il Parco Nazionale dello Stelvio nei confronti della popolazione di cervo residente nel settore trentino. Sarà infatti dato il via alla seconda stagione di controllo numerico che prevede l’abbattimento di circa 180 animali appartenenti alle diverse classi di sesso e di età come indicato dall’Ispra. I prelievi fanno parte di un progetto cervo 2022-2026, con l’obiettivo di “ridurre squilibri ecologici che le consistenti popolazioni di cervo arrecano agli ecosistemi (alla rinnovazione del bosco, alle altre specie) e ai danni causati alle attività umane di interesse economico”. In queste poche parole gli ingredienti per agire, e ottenere la fine di determinati problemi, ci sono tutti. Lo scorso anno il piano è stato completato al 95%, in una seconda fase sarà applicata una tipologia di “prelievi a regime”, onde non ritrovarsi nuovamente negli anni che verranno a dover intervenire pesantemente. Infatti nel secondo triennio sono previsti altri 400 capi da abbattere. E stiamo parlando di un Parco nazionale, non di aree regionali, Natura 2000 e dintorni. Come mai nessuno interviene a fare confronti con le altre regioni rispetto ai cervi abruzzesi? Diciamo che a noi mortali l’accettazione supina degli interventi da parte delle associazioni animaliste, le uniche a protestare, sembrano molto legati al colore politico delle singole giunte regionali: cervi emiliani-romagnoli e toscani vengono da decenni abbattuti con piani fatti, analogamente a quelli abruzzesi, dagli Atc mediante i selecontrollori abilitati. I quali, sempre analogamente, pagano agli Atc una quota di iscrizione come a quelli abruzzesi. E i cui dati numerici non vengono contestati. Vengono analogamente pagati a seconda del capo, tranne in alcuni Atc toscani per eradicazione della specie, e nessuno interviene così platealmente come in Abruzzo. In parole povere in Abruzzo tutto è ritenuto sbagliato, tutto è lobby dei cacciatori e tutto è da fermare. Mentre nelle altre regioni italiane, ad analogo comportamento, si fa finta di nulla. I presupposti all’abbattimento sono gli stessi in tutte le regioni. Il Parco dello Stelvio infatti dichiara che il carico da morso per brucamento sul patrimonio forestale è troppo elevato. I prati sottoposti a sfalcio, per mettere da parte il fieno e alimentare gli animali allevati, sono diminuiti del 20-30%, con ulteriore danno economico per gli allevatori che debbono comprarlo. La significativa riduzione del capriolo e del camoscio non è solo una “percezione”, parola molto gettonata da Filomena Ricci del Wwf Abruzzo, bensì una realtà regolarmente testimoniata da censimenti analoghi a quelli fatti nelle altre zone faunistiche Italiane. Ma lei stessa, intervistata dal quotidiano online Zona Locale, ha dichiarato che “il modello Abruzzo è diverso dalle altre regioni”. Infatti, dopo aver tappezzato l’intero territorio di parchi che scoppiano di animali incontrollati, fa rabbia vedersi i cacciatori tra i piedi e non essere più padroni… Ed è diverso perché, come confermato da altri animalisti-scienziati intervistati, i cervi portano turisti e i turisti fanno indotto economico. In parole povere la Natura, la Biodiversità, la salvaguardia della specie, non c’entrano un molto gettonato fico secco. È innanzitutto battaglia politica e, subito dopo, indotto economico in pericolo.