Dennis Butler, un 37enne con diversi precedenti penali, ha cercato di uccidere 40 persone che erano radunate per una festa di compleanno all’aperto nella città di Charleston, in West Virginia. Il folle era passato qualche minuto prima con l’auto nei pressi della festa e gli era stato chiesto di rallentare, perché c’erano i bambini che stavano giocando. È tornato armato con una carabina semiautomatica e ha aperto il fuoco direttamente dal veicolo, verso la festa di compleanno. Tra gli invitati c’era, però, una donna legale detentrice di armi, la quale ha ingaggiato a sua volta l’aggressore, uccidendolo prima che potesse uccidere innocenti. Il portavoce della polizia, Tony Hazelett, ha dichiarato che la rapidità di reazione della donna ha salvato numerose vite e ha impedito un mass shooting.
Dopo il fatto, la donna è rimasta sulla scena e ha cooperato con gli investigatori. Non è ancora chiaro come Butler abbia ottenuto l’arma, che non poteva acquistare legalmente a causa dei propri precedenti penali.
Questione di secondi
Quanto accaduto a Charleston, in particolare a confronto con quanto accaduto a Uvalde, dove la polizia si trova al centro di roventi polemiche circa i ritardi con i quali è intervenuta nel mass shooting della scuola, evidenzia come il bilancio delle vittime in queste sparatorie di massa possa essere contenuto efficacemente solo nel momento in cui chi reagisce all’aggressore armato si trovi già sul posto dell’evento: che si tratti di un cittadino legale detentore di armi, di un agente di polizia non importa: per quanto rapido sia, infatti, l’arrivo delle forze dell’ordine sul luogo, passa inevitabilmente tempo prezioso prima che gli agenti possano rendersi conto di cosa stia accadendo e riescano a entrare in azione fermando il folle.