Un quotidiano notoriamente anticaccia ha intervistato l’ex ministro dell’ambiente Sergio Costa, attualmente confluito nelle file dei Cinque stelle. Oggetto dell’intervista, la proposta di legge sulla caccia dell’onorevole Bruzzone e, in generale, la gestione dell’attività venatoria.
Tra i temi affrontati, quello della procedura d’infrazione comminata all’Italia sulla questione piombo nelle zone umide, affrontata ovviamente come un evento gravissimo e sostanzialmente inedito. Dimenticando quelle che invece vengono ugualmente comminate all’Italia per tutte le specie aliene che, difese a spada tratta dai salvatori della fauna, non vengono sottoposte a gestione, decretando la fine e il decadimento delle molte specie autoctone nostrane. L’intervista poi è passata ad affrontare la questione degli abbattimenti dei cinghiali. “Abbatterli”, ha dichiarato Costa, “in maniera incontrollata non fa altro che mandare le femmine in estro, favorendo la riproduzione. Te lo insegnano al primo esame di zoologia all’università”.
A noi risulta tuttavia che nessuna femmina di cinghiale, in qualsiasi branco, rimanga non fecondata, indipendentemente dalla pressione venatoria. Ovvero, in un branco con 5 o 6 femmine adulte, tutte restano incinte e tutte con piccoli dopo. Meraviglia della natura… Nessuna femmina di ungulato, daino, cervo, cinghiale o capriolo, alla fine del periodo degli accoppiamenti, rimane non fecondata. Per cui tranquillo onorevole Costa, anche abbattendo alcuni capi, le altre femmine sono gravide lo stesso, tranne, ovviamente… quelle abbattute. E poi se per assurdo così fosse, ben venga allora (paradossalmente) l’abbattimento di tutte le specie numericamente in crisi. Finalmente si è scoperto come far aumentare di numero le specie a rischio: con la caccia! Grazie ai cacciatori, si è trovato il metodo per salvare specie in estinzione. Peccato però che, quando una specie è dichiarata tale, venga sempre affibbiata la colpa ai troppi abbattimenti dei cacciatori stessi. In altro passaggio dell’intervista, viene nuovamente suggerito il controllo della specie attraverso la sterilizzazione. Argomento del quale la stessa Ispra ha ampiamente negato la praticabilità in moltissime interviste dei suoi funzionari addetti, se non catturando ogni capo per effettuarne la sterilizzazione chirurgica. Ma Costa insiste “Noi avevamo avanzato una proposta incruenta, sul modello dei sistemi canadesi e statunitensi, per cui i cinghiali vengono sterilizzati e nel giro di tre anni la popolazione scende del 60%”. Peccato che mangimi o medicinali rilasciati a tale scopo abbiano dimostrato da un lato la loro inefficacia, dall’altro il rischio per altre specie e di inquinare. La chiosa finale è che con la nuova legge, secondo Costa, “Si potrà sparare ovunque, anche in zone protette, sette giorni su sette”.
Sarebbe ora, aggiungiamo noi, che anche nelle suddette aree si applicasse il sistema degli abbattimenti selettivi delle specie in eccesso. In quanto il decadimento della biodiversità, il moltiplicarsi di certe specie, vedi cinghiali cervi e daini, lo si deve proprio alla gestione vetero-animalista dei Parchi. Una gestione che costa milioni alla società, all’agricoltura, ai comuni e alle regioni, per indennizzi da danni animali. Tutte le specie, se godono di rifugi intoccabili, si riproducono a dismisura, azzerano specie più deboli come i caprioli, devastano il territorio. Mentre il vero responsabile dello squilibrio faunistico da ungulati è totalmente sulle spalle dell’animalismo o pseudo-protezionismo nostrano.