Il carabiniere che ha ucciso le proprie figlie a Cisterna di Latina aveva superato la visita psicologica. Ma tutti sapevano cosa stava facendo subire alla moglie e alle figlie. Al "normale" cittadino tolgono le armi per molto meno
Il tragico epilogo del “raid” punitivo di Luigi Capasso, il carabiniere che a Cisterna di Latina ha ferito gravemente la moglie e ha poi ucciso le sue due figlie rivolgendo infine l’arma su se stesso, sta scatenando una ridda di critiche e polemiche anche al massimo livello istituzionale, considerando quanto dichiarato dal ministro dell’Interno Marco Minniti: “Su queste questioni ci sono troppe sottovalutazioni, per troppo tempo non si comprende quale minaccia è messa in campo. Su questo tema dobbiamo prendere un impegno d’onore, nessuno di noi deve sottovalutare, in un grande Paese questo non può e non deve avvenire. Nessuno di noi deve sottovalutare quando discutiamo di tragedie consumate, con anche solo in un angolo del cervello l’idea che si poteva evitare”.
Sta di fatto che, da quanto sta emergendo in queste ore, i sintomi della gravità della situazione c’erano tutti: sintomi, è giusto ricordarlo, che se l’autore dell’insano gesto non fosse stato un appartenente alle forze dell’ordine, bensì un “normale” cittadino con “arma legittimamente detenuta”, avrebbero immediatamente fatto scattare i provvedimenti preventivi previsti dalla legge per il ritiro cautelativo della o delle armi detenute. Non è una nostra opinione, purtroppo, ma la semplice constatazione di uno stato di fatto: ogni giorno, specialmente negli ultimi anni, si registrano provvedimenti di divieto di detenzione delle armi a cittadini perché hanno alzato la voce (non le mani…) contro la moglie e sono stati uditi dal vicino, o per un alterco inerente la circolazione stradale, o per una lite condominiale; e ottenere nuovamente il permesso di detenerle è cosa tutt’altro che facile.
Ma Capasso era un carabiniere, la sua pistola gliela aveva assegnata lo Stato. E malgrado tutti sapessero che aveva atteggiamenti violenti nei confronti della moglie, malgrado le figlie fossero talmente terrorizzate da vivere come sepolte vive in casa, a nessuno era venuto in mente di togliergliela. A quanto sembra, i servizi sociali sapevano. I carabinieri sapevano, perché la moglie aveva chiesto almeno due volte aiuto agli stessi colleghi del marito (non voleva denunciarlo perché non perdesse il lavoro…). La polizia sapeva. Persino la parrocchia sapeva. Eppure, la visita medica psicologica “tutto a posto”. 8 giorni di riposo e via, si torna in servizio. E Capasso, dal canto suo, il sostegno psicologico per affrontare la separazione l’aveva rifiutato. Peccato che a un semplice cittadino detentore di armi, non basti presentare un pezzo di carta con un timbro o una firma. Deve dare la dimostrazione di non essere “capace di abusare delle armi”, dice il Tulps. Che assegna la più ampia discrezionalità al prefetto su questa delicata materia. Malgrado non sia un medico…
Quindi? Quindi forse occorre chiedersi se al posto del classico certificato lava-coscienze (rilasciato da un professionista, sì, che però non sa chi sei e ha solo mezz’ora, magari un’ora, per capire se sei “regolare” o fuori posto), non sia più importante ascoltare chi invece ti conosce da una vita, e ha passato mesi a chiedere aiuto ai quattro venti, perché no, lo so che sembra a posto, ma guardate che non lo è.