Come è noto, il catalogo nazionale delle armi comuni da sparo, istituito dalla legge 110/75 ed entrato in funzione alla fine degli anni Settanta del XX secolo, è stato abrogato con la legge di stabilità del 2011, insieme alla commissione consultiva centrale per il controllo delle armi. Le funzioni di quest’ultima sono state attribuite poi, con legge del 2012, al Banco nazionale di prova, che provvede alla classificazione delle armi comuni da sparo e ne rende pubbliche le caratteristiche sul proprio sito Internet (il quale ha valore ufficiale di legge).
Poiché, però, nella sua illuminata saggezza, il legislatore ha pensato bene di abrogare il Catalogo nazionale senza prevedere norme transitorie che facessero esplicitamente salvi gli effetti prodotti fino a quel momento, molti sono rimasti i fili pendenti su tante questioni: fili pendenti che devono inevitabilmente essere riannodati.
Uno di questi è senz’altro la questione delle armi che, a partire dal 1986 (anno di entrata in vigore dell’apposita legge istitutiva delle armi sportive, la n. 85), sono state classificate sportive dalla Commissione consultiva per il controllo delle armi, ovviamente in vigenza del Catalogo nazionale e con annotazione della relativa classificazione come nota al catalogo. Venuto meno il catalogo, che ne è della classificazione sportiva? Le armi sono ancora sportive o no?
Occorre innanzi tutto premettere che il procedimento di classificazione sportiva ai tempi del catalogo, era determinato in modo autonomo rispetto al riconoscimento della qualifica di arma comune da sparo (quindi all’iscrizione del modello nel catalogo nazionale): anzi, in alcuni casi poteva esserci uno stacco di mesi, se non di anni addirittura, tra l’iscrizione dell’arma nel catalogo nazionale e il riconoscimento della qualifica di arma sportiva. Addirittura, ci sono armi in Italia che sono sportive, pur non essendo mai state iscritte nel catalogo nazionale: è il caso per esempio di molte repliche di revolver ad avancarica, come è noto le repliche ad avancarica erano esentate dall’obbligo di iscrizione nel catalogo nazionale.
Da tutto ciò consegue che, essendo il riconoscimento della qualifica di arma sportiva un atto amministrativo autonomo rispetto all’iscrizione dell’arma nel catalogo nazionale delle armi, sia sopravvissuto alla abrogazione del catalogo stesso, risultando valida a tutt’oggi.
Si può anche verificare, paradossalmente, il caso che un’arma sia qualificata sportiva addirittura due volte: la prima, in vigenza del catalogo nazionale e la seconda, da parte del banco di prova, dopo il 2012. In quest’ultimo caso, sarà ovviamente la classificazione più recente (quella del banco) ad avere la prevalenza e sarà con il codice di classificazione sportiva del banco che si potrà inserire in denuncia come sportiva l’arma. In questi casi, peraltro, il Banco di prova nel pubblicare la scheda dell’arma sportiva, fa esplicito riferimento nelle note, al precedente provvedimento approvato in vigenza del Catalogo (confermando, quindi, di tenere validi gli effetti giuridici prodotti), non richiede un nuovo parere alla competente federazione sportiva (perché già era stato fatto all’epoca) e non addebita alcun costo di istruttoria al produttore o distributore.
Se, tuttavia, non dovesse esistere una classificazione sportiva del banco per quello specifico modello di arma (magari perché non più in produzione), nel momento in cui si rinvenga traccia della classificazione sportiva operata ai tempi del catalogo, l’arma potrà essere comunque denunciata come sportiva.
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