Il vicepresidente di Assoarmieri, Ermanno Adinolfi incontra brevemente il capo della polizia alla Versiliana, dove Gabrielli ha trattato i temi della sicurezza
Ermanno Adinolfi, in vacanza in Versilia, non ha dimenticato le esigenze del comparto e si è iscritto, non senza fatica, per assistere all’incontro dello scorso 12 agosto del 41° festival la Versiliana a Marina di Pietrasanta (Lu). Ospite il capo della polizia e direttore generale della pubblica sicurezza, prefetto Franco Gabrielli, per parlare di sicurezza, intervistato da Agnese Pini, direttrice de La Nazione.
«Trovandomi a Forte dei Marmi nei giorni di Ferragosto, ho avuto la piacevole occasione di partecipare all’evento, organizzato nel magnifico parco della Versiliana, a Marina di Pietrasanta noto per gli incontri culturali e politici, frequentato sin dai tempi di D’Annunzio», riferisce Adinolfi. «Ho dovuto osservare tutti i protocolli di sicurezza che il personaggio richiedeva: mi sono registrato e sono stato assegnato a un determinato posto. L’intervista è stata seguita da un foltissimo pubblico e ha trattato i temi del coronavirus, dell’immigrazione e delle attività della polizia invitata quest’ultima a procedere all’insegna del buonsenso, durante il periodo del lockdown. Alla domanda maliziosa relativa all’intervento non convenzionale di un poliziotto a Vicenza, il capo della polizia ha voluto precisare che il suo impegno maggiore è quello di evitare i contatti fisici, dotando presto gli agenti della famosa pistola Taser a impulsi elettrici, già ampiamente sperimentata e approvata anche dall’Istituto superiore di Sanità, per la quale è stato rinnovato il bando. Comunque alla fine dell’intervista, superando un muro di questori, colonnelli e altri personaggi che attorniavano il prefetto, mi sono avvicinato presentandomi come vicepresidente di Assoarmieri e mi sono complimentato della felicissima e interessante intervista, soprattutto per gli argomenti trattati, esposti con una visione realistica e profonda conoscenza. Ho chiesto se mi consentisse di scattare una foto ricevendo un cordialissimo consenso. Durante quei brevi minuti, gli ho riferito di aver avuto modo di conoscere due pezzi da 90 del suo dicastero e più precisamente il prefetto Marco Valentini e lui, anticipandomi, “…e il prefetto Stefano Gambacurta, perfetto conoscitore del suo settore”. Abbiamo scattato la foto con un largo sorriso del prefetto dal quale mi sono congedato ringraziandolo della sua cordiale accoglienza e della sua risposta “a presto risentirci”»
Tra le interessanti tematiche affrontate, prima fra tutti l’immigrazione: circa 14 mila sbarchi da dicembre a oggi, il 40 per cento dei quali sono cittadini tunisini. «Quando si parla di immigrazione», ha esordito Gabrielli, «si parla sempre di emergenza, in realtà, in una situazione normale, i numeri non sarebbero emergenziali. Il problema dell’immigrazione poggia su tre pilastri: i flussi migratori, che non sono legali, e non si può continuare a gestire tutto solo con la protezione umanitaria; c’è poi il problema dei rimpatri e ammiro chi spera nell’accoglienza totale, ma si tratta di una questione ipocrita e assurda: chi delinque deve tornare a casa. Le persone non sono pacchi postali e si devono fare accordi internazionali forti e inserire clausole con gli altri Stati. Il tema finale è quella dell’integrazione: è necessario far intraprendere a queste persone percorsi di integrazione sennò le lasciamo in mano alla criminalità». E ancora: «L’afflusso di cittadini tunisini, non sempre rigorosi delle regole, ci sta creando non pochi problemi. Con la Tunisia abbiamo già stilato accordi e siamo in attesa di risposte dal loro ministero al quale abbiamo chiesto maggiori controlli e di rimpatriare chi non può stare in Italia».
Il problema dell’immigrazione, secondo Gabrielli dovrebbe essere “deviminalizzato”: «Bisognerebbe che a gestirlo fosse palazzo Chigi, perché è una materia che ha bisogno di una visione, di un progetto e del concorso di più soggetti». Quanto al Covid-19 Gabrielli ritiene che si debba garantire la quarantena a tutti. Sugli italiani sottoposti a controlli pesanti durante la fase 2 e 3 della lotta al Coronavirus, Gabrielli ha detto che è stato messo in campo un dispositivo molto importante, come mai fatto finora e sono stati eseguiti oltre 14 milioni di controlli e, in linea di massima le forze dell’ordine hanno agito secondo buonsenso.
Sull’uso della forza da parte delle forze dell’ordine, in relazione per esempio anche al caso dei carabinieri di Piacenza, il capo della polizia di Stato è stato molto chiaro: «Chi delinque in divisa delinque due volte, perché tradisce la fiducia che i cittadini ripongono nella divisa. Ma mi sento di dire che tutte le nostre forze di polizia sono sane». E poi Gabrielli ha preferito spiegare anche il caso di Vicenza, in cui un poliziotto avrebbe strattonato per il collo un immigrato: «Il contesto di Vicenza non è quello che si racconta nei 58 secondi (del video diffuso, ndr), ma è molto più ampio. Io stigmatizzo le modalità con le quali l’operatore ha agito nei confronti del ragazzo, però bisogna anche considerare tutto il precedente e cioè il fatto che questi operatori siano stati dileggiati, abbiano richiesto più volte di poter identificare queste persone. E poi ho sentito parlare di razzismo, ma in questa vicenda non c’entra niente. Sono preoccupato che nel nostro Paese si arrivi a un sentimento di discredito delle forze di polizia e del fatto che gli agenti possano essere tranquillamente dileggiati. Sarebbe una deriva preoccupante».
Franco Gabrielli si è definito grande assertore della pistola “a impulsi elettrici”, per intenderci il Taser: «Ci sono arrivato per gradi e riscontrando l’inefficacia di altri mezzi. Vogliamo evitare il contatto fisico che è sempre portatore di problemi. Fino a che la sicurezza non abbandonerà i palcoscenici dei comizi e diventerà una questione di carattere generale non si andrà da nessuna parte. La pistola a impulsi elettrici l’ho percorsa io con tre ministri (Marco Minniti, Matteo Salvini e Luciana Lamorgese, ndr) e nessuno se ne può arrogare la paternità. Poi abbiamo avuto un problema perché teniamo alla sicurezza degli operatori e dei terzi incolpevoli, ma abbiamo già rifatto il bando». Riguardo ai possibili rischi sull’utilizzo, Gabrielli ha riferito che c’è stata una «seria e lunga attività di sperimentazione che ha dato esiti assolutamente confortanti, da parte dell’Istituto superiore della sanità».
Dal punto di vista degli equipaggiamenti, ha aggiunto infine Gabrielli, «ci sono cose che devono essere migliorate, però io rivendico con orgoglio che le nostre forze di polizia hanno un ruolo e un prestigio che ci viene riconosciuto a livello internazionale».