Da qualche giorno la sorveglianza degli accessi in Vaticano ostenta pistole mitragliatrici. Ma come? E i "mercanti di morte" evocati da papa Francesco?
Secondo quanto riferito dal quotidiano Il Messaggero, da qualche giorno a questa parte la sorveglianza di accesso alla città del Vaticano prevede anche l’esibizione di pistole mitragliatrici da parte degli operatori. Come è noto, di solito le guardie a presidio della città santa hanno una dotazione di armi moderne oltre alle alabarde e spade cerimoniali, ma di solito sono portate in modo discreto e non visibile. Questo “upgrade” nell’armamento (o quantomeno nella sua ostentazione), che ha destato una certa sorpresa tra il viavai di visitatori, sembra che possa ricondursi ai recenti arresti effettuati in Lazio e Campania che hanno portato allo smantellamento della rete di presunti fiancheggiatori di Anis Amri, l’attentatore della strage di Natale di Berlino. Sembra, anche, che le misure di prevenzione (armata) messe in atto non siano rivolte alla protezione della figura di papa Francesco (il quale ha affermato in più occasioni di non temere attentati), quanto piuttosto all’incolumità delle persone che si trovano a visitare il Vaticano. Resta, tuttavia, l’apparente paradosso di uno Stato pontificio che acquista e prevede l’impiego di armi, da un lato, mentre dall’altro il suo pontefice dichiara che “chi fabbrica le armi non sarà mai felice nell’aldilà” e che i fabbricatori di armi sono “mercanti di morte”. Peccato che, quando serve, siano le armi a garantire l’incolumità dei “buoni”… anche in Vaticano!