La notizia della classificazione della prima arma lunga in 5,7×28 mm ha scatenato il web, che si chiede se il calibro sia o meno da considerarsi giuridicamente da caccia. La risposta è…
Alla notizia della classificazione della prima carabina in calibro 5,7×28, la nota mini-cartuccia sviluppata dalla Fn per l’innovativa pistola mitragliatrice P90 e per la pistola Fiveseven, si è scatenata la (legittima) perplessità degli appassionati: in relazione alle sue dimensioni e secondo quanto dispone l’attuale normativa, è un calibro da caccia o no? Al di là delle reali potenzialità venatorie, la differenza è notevole, visto che se si tratta di un calibro da caccia, l’articolo 97 del regolamento di esecuzione al Tulps consente la detenzione fino a 1.500 cartucce.
L’articolo 13 della legge 157/92 dice che si può praticare la caccia “con fucile con canna ad anima rigata a caricamento singolo manuale o a ripetizione semiautomatica di calibro non inferiore a millimetri 5,6 con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a millimetri 40”. Se i due requisiti (calibro e lunghezza del bossolo) dovessero intendersi congiuntamente o disgiuntamente è questione che fu risolta dapprima con una circolare del 2006, quindi dal decreto legislativo 204 del 2010, che all’articolo 6, punto 6, dice: “Per armi da caccia di cui al comma 1 dell'articolo 13 della legge il febbraio 1992, n. 157, s'intendono, tra i fucili ad anima rigata, le carabine con canna ad anima rigata a caricamento singolo manuale o a ripetizione semiautomatica, qualora siano in essi camerabili cartucce in calibro 5,6 millimetri con bossolo a vuoto di altezza uguale o superiore a millimetri 40 nonché i fucili e le carabine ad anima rigata dalle medesime caratteristiche tecnico-funzionali che utilizzano cartucce di calibro superiore a millimetri 5,6, anche se il bossolo a vuoto è di altezza inferiore a millimetri 40”.
Il problema adesso è capire che cosa si intenda con “calibro”, perché è possibile che al significato tecnico del termine corrisponda (o il ministero intenda dargli) un significato giuridico differente: indica il diametro nominale? Quello reale? Minimo? Massimo? Altro? Per sciogliere questo enigma, ci viene in soccorso una circolare emanata recentemente (2015), proprio per stabilire se un altro calibro con dimensioni “limite” (il 5,45×39 mm) fosse o meno da considerare “da caccia” ai sensi della normativa. Con circolare 557/PAS/U/006104/10100 (1) del 23 aprile 2015, infatti, il ministero dell’interno ha evidenziato che il dato sensibile per capire a cosa corrisponda la definizione giuridica (e non tecnica) di “calibro” è il parametro “G1” contenuto nella scheda di omologazione Cip. Nel caso del 5,7×28 millimetri (che, ricordiamo a scanso di equivoci, la Cip ha omologato tra i calibri per carabina), il parametro “G1” della scheda di omologazione Cip (corrispondente al diametro massimo previsto per il proiettile) è pari a 5,70 millimetri. Quindi, seppur di un solo decimo, il calibro è effettivamente superiore a 5,6 millimetri e, quindi, anche se il bossolo a vuoto è di lunghezza inferiore a 40 millimetri il calibro può, anzi deve, essere considerato per fucile da caccia.
Il 5,7×28 mm è stato sviluppato all’inizio degli anni Novanta dalla Fabrique nationale belga, con un bossolo di concezione completamente nuova, allo scopo di fornire un impianto balistico che consentisse di avere prestazioni intermedie tra il 9 mm parabellum, tipicamente utilizzato dalle pistole e dalle pistole mitragliatrici, e il 5,56×45 mm Nato, utilizzato dai fucili d’assalto e dalle mitragliatrici leggere. La versione militare SS190 utilizza un proiettile Fmjbt con nucleo anteriore in acciaio temperato e posteriore in piombo del peso di 31 grani, spinto alla velocità di 715 metri al secondo per una corrispondente energia di 534 joule.