In questi ultimi giorni è venuto alla ribalta il chiurlottello, uccello migratore (numenius tenuirostris) appartenente alla famiglia degli scolopacidi. Becco arcuato, gambe lunghe, è un uccello di ripa che preferisce paludi litoranee con acqua bassa. Su alcuni giornali tipo Fanpage, che non perde mai occasione per dire qualcosa di male su caccia e cacciatori, è comparso un articolo che riporta le cause della sua sospetta estinzione. Già su Focus era stata messa in risalto la notizia proveniente, a sua volta, da una pubblicazione sulla rivista Ibis – The international journal of avian science. La causa, nidificando questa specie in Siberia, viene attribuita in effetti alla scomparsa delle paludi in loco e alla caccia intensa. Senza tuttavia specificare dove. Quindi tutti dichiarano che ormai, se non estinto completamente, lo sarà dichiarato tra poco. Lo stesso studio amplia le cause della sua scomparsa elencandole in fattori antropici, tra cui degradazione e frammentazione dell’habitat naturale, tipo torbiere e zone umide, inquinamento, (anche radioattivo), espansione dell’agricoltura, dispersione sociale, cambiamento climatico, caccia e bracconaggio. Naturalmente l’occasione era molto ghiotta e si è subito arrivati alla caccia. È intervenuta la Lipu, riversando le colpe alla caccia italiana e adducendo che i cacciatori italiani avrebbero contribuito all’impoverimento della popolazione “con stragi di chiurlottelli a metà secolo scorso, specialmente in Toscana e nelle zone umide pugliesi, favorite da un motivo particolare: il carattere mansueto di questi uccelli…a cui sparare era facile”.
Noi dagli quegli anni ’50 abbiamo avuto appostamenti fissi per acquatici e trampolieri in molte zone del Lazio. E molti altri colleghi con appostamenti nelle Valli Venete, Comacchio e Delta del Po. Sia noi, sia tutti quelli interpellati, non ne abbiamo mai nemmeno intravisto uno. Sempre partendo dagli anni ’50. Allora chi li ha estinti? Facile da spiegare. Non ne abbiamo mai visto uno perché il chiurlotello, migrando dalle paludi della Siberia, in Italia non ci passa proprio. Le cartine che riguardano la sua migrazione tirano dalla Siberia, sfiorando marginalmente le coste Sud della Sicilia, e vanno dirette a svernare su tutte le coste del nord Africa. Dove, da sempre, vengono effettuate stragi di tutte le specie di anatidi e trampolieri. Parliamo delle aree nord Sahariane comprendenti Egitto, Libia, Tunisia, Marocco e Algeria. In quelle zone i problemi sono talmente tanti, tra politici e sociali, che figuriamoci se possono pensare a chiurli, pittime, anatre varie ecc. L’Ispra a tal proposito (Baccetti N.1995-Revisione delle catture di una specie giunta all’orlo dell’estinzione: Numenius tenuirostris (Aves, Scolopacidae) Ric. Biol. Selvaggina, 94:1-18) ha pubblicato uno studio in cui dipana tutti i dubbi e le cause di tale supposta estinzione. Nel quale studio si sottolinea che “Le indagini condotte negli ultimi anni non permettono di comprendere con certezza tutte le cause di questo fatto, evidenziando come solo fattore di reale importanza il pesante ruolo giocato dalla pressione venatoria in alcune delle principali zone di SOSTA e SVERNAMENTO”. E prosegue poi affermando che “…le catture italiane, listate nello studio, assommano a solo 141 e sono relative al periodo 1828-1974. Indicando poi “in marzo e settembre i mesi interessati dal transito migratorio più intenso…maggiore consistenza delle soste durante il passaggio primaverile”. E nel periodo primaverile la caccia in Italia è chiusa da circa inizio anni ’80. Oltretutto lo studio colloca la metà delle catture, degli esemplari registrati, a cavallo del 1900. Dei quali solo 18 esemplari nelle zone umide pugliesi. Per cui suggeriamo di correggere…il tiro. Gli esemplari dichiarati abbattuti dalla Lipu, essendo nata l’associazione nel 1965 (e il presidente nel ’68…), non possono averli visti. Per cui consigliamo attendibili letture ornitologiche, neutrali peraltro, come la ricerca Ispra evidenziata e il libro di Bertel Bruun “Uccelli d’Europa”. Nel quale oltretutto compaiono le varie cartine con le direzioni di migrazione delle diverse specie. Tutte interessanti marginalmente anche l’Italia, tranne proprio il chiurlottello, che la salta proprio.