Il ministero dell'Interno si è nuovamente pronunciato sulla ormai annosa diatriba della concessione di un porto d'armi a chi abbia subito condanne in passato, in presenza della cosiddetta riabilitazione. Purtroppo le notizie non sono buone: la circolare n. 557/Leg/225.00 emanata il 2 agosto 2016, che cita a sua volta un ulteriore parere emanato dal Consiglio di Stato il 6 luglio, afferma infatti che "in presenza di condanne per reati preclusivi la riabilitazione consente di rilasciare al riabilitato le autorizzazioni di polizia in generale, mentre non consente di rilasciargli la licenza di porto d'armi… (omissis)… in altre parole gli effetti della riabilitazione si esauriscono nell'ambito dell'applicazione della legge penale ma, salvo viderse, specifiche disposizioni di legge…(omissis)… essa non ha rilievo su altre conseguenze giuridiche delle condanne". Il Consiglio di Stato giustifica questo parere argomentando che "il diviedo di concedere (o l'obbligo di revocare) il porto d'armi, come l'esclusione da concorsi, da impieghi o da gare o la perdita del diritto elettorale per chi ha riportato certe condanne, sono bensì effetti della condanna, ma non effetti penali della condanna; e la riabilitazione di per sé, salvo diverse disposizioni della normativa che regge la materia, come appunto l'art. 11 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, non elimina tali effetti".
Per fortuna, a cercare di correggere questo stato di cose a dir poco aberrante c'è una proposta parlamentare da parte del senatore Franco Panizza (partito autonomista Trentino Tirolese), che lo scorso aprile ha presentato un progetto di legge volto proprio a escludere che un reato per il quale ci sia stata riabilitazione possa essere ostativo alla concessione di un porto d'armi.
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