Il Tar sospende la preapertura della caccia
Il Tar del Lazio ha accolto i ricorsi presentati dalla Lega anti vivisezione (Lav), contro i calendari venatori che autorizzavano la preapertura della caccia in alcune regioni. In particolare, il Tar ha emesso sei decreti cautelari urgenti di sospensiva, validi per i calendari di Basilicata, Campania, Calabria, Emilia Romagna, Molise e Puglia. In tali regioni, la caccia potrà essere esercitata solo dal 17 settembre. Si tratterebbe della prima conseguenza diretta dell…
Il Tar del Lazio ha accolto i ricorsi presentati dalla Lega anti vivisezione
(Lav), contro i calendari venatori che autorizzavano la preapertura della
caccia in alcune regioni. In particolare, il Tar ha emesso sei decreti
cautelari urgenti di sospensiva, validi per i calendari di Basilicata,
Campania, Calabria, Emilia Romagna, Molise e Puglia. In tali regioni, la caccia
potrà essere esercitata solo dal 17 settembre. Si tratterebbe della prima
conseguenza diretta dell’emanazione del decreto De Castro, prontamente
sfruttato in modo strumentale dalla Lav che denuncia “le numerose e gravi
violazioni delle normative statali e comunitarie contenute nei provvedimenti
sulla pre-apertura della caccia delle 6 regioni. Le regioni, infatti, hanno
violato le prescrizioni sui tempi e sull iter procedurale tassativamente
stabiliti dalla legge statale 157/92 e hanno illegittimamente disatteso tutti i
rilievi tecnico-scientifici più rilevanti contenuti nei pareri dell’Istituto
nazionale per la fauna selvatica (Infs). La pre-apertura è stata autorizzata
nonostante in queste settimane molte specie (fasianidi, anatidi, lepri,
eccetera) si trovino ancora in riproduzione e nelle fasi di allevamento dei
piccoli”. Il Cncn (Comitato nazionale caccia e natura) ha così commentato
l’iniziativa: “Il Cncn denuncia l’estrema gravità di una decisione che, non
tenendo in alcun conto le profonde e sostanziali differenze che intercorrono
fra le aree classificate Zps (per le quali ha validità il decreto 251/2006) e
il restante territorio destinato alla normale attività venatoria, arrecherebbe
un danno considerevole a decine di migliaia di cacciatori e anche al settore
della produzione e del commercio. Appare comunque evidente che una simile
decisione rappresenta il frutto del clima di feroce ostilità instaurato da
qualche mese nei confronti della caccia italiana. Una ostilità tutta ideologica
e propria delle frange più estremiste dell’animalismo, che ora sembrerebbe
essersi trasferita anche nella politica e nella magistratura”.