Con sentenza n. 29548 19 luglio 2024 (udienza del 28 giugno 2024), la Cassazione è tornata ancora una volta a occuparsi della disciplina giuridica delle armi bianche, confermando il proprio costante orientamento circa il fatto che, analogamente alle armi da fuoco, la detenzione di tali oggetti è soggetta a denuncia.
In relazione a un ricorso da parte di un cittadino al quale erano stati trovati in casa due pugnali a doppio filo, e che eccepiva trattarsi di armi improprie non soggette a denuncia, i giudici hanno respinto il ricorso medesimo, argomentando che “occorre anzitutto ricordare che ai sensi dell’art. 585, comma secondo, n. 1, cod. pen., «agli effetti della legge penale, per armi s’intendono: 1. quelle da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona» (definizione riprodotta, in termini identici, dall’art. 30 del R.d. 18 giugno 1931, n. 733, cd. testo unico delle leggi di pubblica sicurezza). Detta definizione, concernente le cd. «armi proprie», deve essere integrata, per quanto di interesse in questa sede, con quella offerta dall’art. 45, R.d. n. 635 del 1940 (recante il regolamento per l’esecuzione del predetto testo unico), secondo cui se, da un lato, «sono considerati armi gli strumenti da punta e taglio, la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona, come pugnali, stiletti e simili», anch’essi rientranti, appunto, nella nozione di «armi proprie», non sono, invece, considerati tali «gli strumenti da punta e da taglio, che, pur potendo occasionalmente servire all’offesa, hanno una specifica e diversa destinazione, come gli strumenti da lavoro, e quelli destinati ad uso domestico, agricolo, scientifico, sportivo, industriale e simili»; strumenti ai quali si riconosce la qualifica di «armi improprie». Da tali differenze di qualificazione derivano, come noto, corrispondenti differenze sul piano della disciplina penale; infatti, mentre nel caso delle armi improprie, proprio perché la loro naturale destinazione è quella propria di ciascuno degli strumenti indicati, la detenzione è liberamente consentita, venendo punito con la pena dell’ammenda il solo porto in luogo pubblico ove ingiustificato (v. art. 4, comma 3, legge n. 110 del 1975), viceversa, nel caso delle armi proprie, l’ordinamento attribuisce rilievo penale non soltanto al porto (punito, invece, dall’art. 699 cod. pen. con la pena dell’arresto), ma anche alla detenzione (art. 697 cod. pen.), ove essi avvengano, come avvenuto nel caso di specie, in assenza della prescritta autorizzazione amministrativa.
Il discrimine tra l’arma «impropria» e quella «propria» è stato individuato dalla giurisprudenza nella presenza delle caratteristiche tipiche delle armi bianche corte, quali, appunto, i pugnali o gli stiletti, e, cioè, la punta acuta e la lama a due tagli, quali che fossero le particolari caratteristiche di costruzione del coltello (Sez. 1, n. 19927 del 9/4/2014, Teti, Rv. 259539; Sez. 1, n. 10979 del 3/12/2014, dep. 2015, Campo, Rv. 262867; Sez. 1, n. 17013 del 10/4/2015, Molino, non massinnata; Sez. 1, n. 26537 del 18/2/2016, Giunta, non massimata; Sez. 1, n. 44430 del 10/4/2017, Desideri, non massimata; Sez. 1, n. 8032 del 5/2/2019, non massimata; Sez. 1, n. 12750 del 27/2/2019, Tarantino, non massimata; Sez. 1, n. 17255 del 1/4/2019, Naccarato, Rv. 275252).
Tanto premesso in punto di diritto, rileva il Collegio che il relativo accertamento spetta al giudice di merito e che, nel caso di specie, la Corte di appello di Messina, con motivazione adeguata e non contraddittoria, ha evidenziato che i due pugnali (probabilmente risalenti alla seconda guerra mondiale) rientravano nella categoria della armi bianche proprie in quanto la loro naturale destinazione — tenuto conto delle loro dimensioni e caratteristiche tecniche (doppia lama) – era quella dell’offesa alla persona e che, in quanto tali, rientravano tra le «armi bianche proprie» la cui detenzione — senza denuncia – è punita ai sensi dell’art. 697 cod. pen. Ne consegue che – al di là del richiamo tecnicamente improprio allo stiletto operato dalla Corte territoriale – si tratta di una valutazione di fatto in ordine alle caratteristiche dei due coltelli che, in quanto supportata da motivazione non manifestamente illogica, non può essere messa in discussione in questa sede”.