Interessante sentenza della Cassazione che esplicita l’analogia normativa tra i manganelli estensibili e gli sfollagente secondo quanto previsto dall’art. 4 della legge 110/75
Con sentenza n. 22314 dell’8 luglio scorso, la Prima sezione penale della Cassazione è tornata a occuparsi della sempre annosa questione della qualificazione giuridica degli sfollagente.
La sentenza riconosce che gli sfollagente (di conseguenza anche le noccoliere e gli storditori elettrici) ricadono sotto la disciplina tracciata dall’articolo 4 della legge 110/75, quindi il loro acquisto è lecito e la detenzione non necessita di particolari adempimenti di Ps, ma il porto è vietato.
Nella sentenza si equipara, inoltre, il manganello telescopico allo sfollagente: “il manganello telescopico è senz’altro equiparabile allo “sfollagente” menzionato dal legislatore, trattandosi in realtà del medesimo strumento, che per le sue caratteristiche costruttive e per conformazione, essendo dotato di anima rigida e di facile utilizzo che lo rende particolarmente insidioso, presenta vocazione naturale all’offesa alla persona e di cui è vietato in assoluto il porto “salve le autorizzazioni previste dall’art. 42, comma 3 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza 18 giugno 1931, numero 773, e successive modificazioni”.
Il commento dell’avvocato Gabriele Bordoni:
La Suprema Corte, con la sentenza n. 22314 del 8.7.2020, ha riaffrontato il tema molto dibattuto circa i limiti di applicabilità della circostanza attenuante di cui all’art. 4, c. 3 della l. 110 del 1975, che prevede la possibilità dell’irrogazione della sola pena dell’ammenda nei casi di lieve entità che concernono oggetti “atti ad offendere”.
Ora, se di primo acchito e sulla base di un approccio meramente topografico, parrebbe che l’istituto in questione si riferisca in generale a tutte le ipotesi indicate nei primi due commi all’art. 4 della l. 110 del 1975 (purché, chiaramente, consistenti in oggetti atti ad offendere), gli arresti giurisprudenziali susseguitisi si sono sempre mostrati altalenanti, in ordine alla sua estendibilità ai fatti descritti al primo ovvero anche al secondo comma.
Con l’art. 5 del D.Lgs. 26 ottobre 2010, n. 204, peraltro, si è esteso il novero di entrambe le categorie di armi, nel senso che ha compreso nell’art. 4, comma 1, oltre agli strumenti da punta o da taglio la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona, anche mazze ferrate o bastoni ferrati, sfollagente e noccoliere; mentre, nell’art. 4, comma 2, non solo i bastoni muniti di puntale e gli strumenti da punta o da taglio atti a offendere, ma anche mazze, tubi, catene, fionde, bulloni, sfere metalliche e qualsiasi altro strumento non considerato espressamente come arma da punta o da taglio, la cui natura, tuttavia, lo rende potenzialmente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa alla persona”. La novella, in altri termini, ha posto in maniera ancora più marcata la la distinzione tra le armi proprie (riconducibili al primo comma) e quelle improprie (riconducibili, invece, al comma secondo).
Sulla base di tali presupposti, si è dunque affermato che il comma 2 della norma in esame include due specie di strumenti diversi, ma entrambe appartenenti all’unica categoria di armi improprie, perché solo occasionalmente e potenzialmente lesivi per la persona.
Da ciò, la giurisprudenza ha tratto la conclusione che la lieve entità del fatto debba riferirsi al porto delle sole armi improprie indicate nel comma 2 del suddetto articolo in ragione della inclusione di tali strumenti nella locuzione “oggetti atti a offendere”.
Si tratta, infatti, di oggetti in sé non predestinati alla offesa alla persona, ma soltanto a ciò utilizzabili in via occasionale, in contrapposizione a quelle proprie fra le quali si annoverano mazze, bastoni ferrati, sfollagente e noccoliere.
Orbene, venendo al caso d’interesse, occorre dapprima rilevare che, in primo grado, il Tribunale di Brescia aveva applicato, ai sensi dell’art. 444 c.p., la sola pena dell’ammenda di 3.000 euro assumendo, tuttavia, che lo sfollagente telescopico (con una estensione da aperto di 54 cm) dovesse essere ricompreso tra gli oggetti di cui all’art. 4, c. 2 della l. 110 del 1975, ossia arma impropria.
Avverso la sentenza ricorreva il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Brescia che ne chiedeva l’annullamento per erronea qualificazione del fatto come di lieve entità, dal momento che la condotta non si presentava di minima offensività, poiché, tra l’altro, il manganello “essendo retrattile, costituisce oggetto particolarmente insidioso e facilmente trasportabile, il loro trasporto nel vano lato guida dell’autovettura dell’imputato per essere nella sua pronta disponibilità”.
Di conseguenza, la Suprema Corte ha raccolto la doglianza circa l’errata qualificazione del fatto, precisando che il manganello telescopico “è un dispositivo ricompreso espressamente nella categoria delle armi proprie ai sensi della L. n. 110 del 1975, art. 4, comma 1”, specie alla luce dell’evidente equiparabilità allo “sfollagente” menzionato dall’art. 4, c. 1 della l. 110 del 1975.
In ogni caso -sostiene la Suprema Corte- le caratteristiche costruttive dell’oggetto in questione (anima rigida, facile utilizzo…) lo rendono non solo particolarmente insidioso, ma anche e soprattutto ne accentuano la vocazione naturale all’offesa alla persona.
Da siffatta accezione, quindi, deriva la sua riconducibilità nell’alveo delle armi proprie di cui è vietato in assoluto il porto “salve le autorizzazioni previste dall’art. 42, comma 3 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza 18 giugno 1931, numero 773, e successive modificazioni”.
Pertanto, conclude la Suprema Corte, non rientrando l’oggetto in questione nel novero di quelli disciplinati dell’art. 4, c. 2 della l. 110 del 1975, ossia nelle armi improprie, non potrà applicarsi al manganello telescopico la circostanza attenuante della lieve entità.
La decisione, peraltro, assume rilevanza laddove, ponendo attenzione alle qualificazioni, considera il manganello in questione, come lo sfollagente e gli altri strumenti elencati, passibili di sanzione a termini della legge 110/75 piuttosto che valendosi dello strumento contravvenzionale interno al codice penale e nemmeno riferendosi alle categorie disciplinate dal Tulps; e questo non è poco.
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