Il consiglio di Stato dà ragione al presidente della provincia di Trento: aveva titolo per disporre la cattura degli orsi del Casteller. Nel frattempo un parco della Romani si offre di adottarne uno, gli esemplari tuttora liberi non vanno in letargo e devastano gli allevamenti di api
“Se gli orsi sapessero”…questo potrebbe essere il titolo di un racconto per testimoniare quanto si parla di loro senza che gli orsi, appunto, siano a conoscenza del loro peso nella nostra vita di tutti i giorni. Il presidente della provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, visti i ripetuti problemi provocati dall’orso denominato M49 ne aveva disposto la cattura, per mettere in sicurezza le persone del posto. Le associazioni animaliste ricorsero al Tar che bloccò temporaneamente l’ordinanza non consentendo così la suddetta cattura. La terza sezione del Consiglio di Stato ha, tuttavia, respinto l’appello delle associazioni animaliste con la motivazione sancita da Franco Frattini, presidente della corte, secondo il quale “Sussistevano i presupposti per l’esercizio del potere contingibile e urgente”. Ha inoltre dichiarato: ” A fronte del silenzio del Ministero, il presidente della Provincia ha fatto ricorso al potere di carattere eccezionale che gli consentiva di pervenire, attraverso procedimenti più snelli, al risultato oggetto della richiesta di autorizzazione alla cattura”. La Corte ha ricordato poi che “tali iniziative sono anche contemplate e ammesse nel Piano di azione interregionale per la conservazione dell’orso bruno sulle Alpi centro-orientali. Il Consiglio di Stato ha però anche affermato che l’attuazione della cattura non esime poi dall’assicurare un mantenimento consono con un habitat più vicino possibile a quello naturale, con evidente riferimento all’inadeguatezza della soluzione del Casteller.
Come si ricorderà, nel suddetto recinto si sono nel tempo dovuti rinchiudere 3 esemplari di orsi problematici per non ricorrere all’abbattimento. Un Parco della Romania, denominato Millions of friends, tramite la propria direttrice, Cristina Lapis, ha avanzato la proposta di accoglierne uno, alleggerendo così la situazione di disagio che permane nel recinto stesso e che non ha visto, fino a oggi, soluzioni alternative, tranne le proposte di liberare di nuovo i tre esemplari. L’iniziativa è senza dubbio lodevole e i 69 ettari del parco romeno potrebbero assicurare un adeguato habitat al plantigrado. Rimaniamo però perplessi che un Paese come L’Italia, con mezzi economici sicuramente superiori alla Romania, con un programma e sovvenzioni europee avute col programma Life Ursus, debba rinunciare a un proprio esemplare e dover ricorrere a soluzioni oltreconfine. Tra l’altro in Romania è opportuno che si sappia, non ci si crea tanti problemi ad abbattere un orso problematico se diventa troppo invasivo, oppure a rinchiuderlo in un recinto se dimostrasse incompatibilità con altri suoi simili. Possibile che i nostri Ministeri non riescano a trovare soluzioni consone con le regioni interessate? Perché non si affidano ai tecnici dell’Ispra o a ricercatori qualificati le decisioni su soluzioni possibili senza inquinarle con gestioni animaliste? La stessa Ispra ha redatto da pochi giorni un rapporto denominato “Orsi problematici in Trentino” supportato dal Museo delle scienze di Trento. Gli autori sono Giulia Bompieri, Valentina La Morgia e Piero Genovesi, con altri collaboratori. Nel caso di ripetuti attacchi nei confronti dell’uomo, le soluzioni ultime diventano purtroppo quelle invise a tutti noi e prendono in considerazione l’abbattimento. Senza arrivare a questo estremo, già una rigorosa pulizia delle aree abitate e cassonetti anti-orso dovrebbero essere la priorità. Ma anche che l’orso torni ad avere paura di incontrare l’uomo. Non può essere considerato un peluche con cui giocare. Nessun animale selvatico lo è. Ed è questa la loro forza e la loro importanza.
Nel frattempo, a quanto pare, gli orsi della Val di Sole continuano a non avere alcuna intenzione di andare in letargo. Infatti dopo che un capo giovane, forse una femmina, è stata individuata e seguita a Priò in Val di Non, sicuramente per trovare qualcosa da mangiare di provenienza umana ma senza procurare danni, un altro suo collega adulto ha scelto una strada diversa. Nella zona di Pejo, Rabbi, Malè e Commezzadura c’è un orso che ha scelto una dieta invernale a base di miele. Sergio Zanella, apicoltore professionista, ha visto in poco tempo andare distrutte un centinaio di arnie nella zona. Oltretutto tale devastazione fa morire di freddo le api che, in questo periodo, hanno una scarsissima attività. Per cui il danno è doppio. L’orso in questione è particolarmente attratto dai panetti di candito, un composto zuccherino che serve da nutrimento alle api. “È più di un mese che quest’orso distrugge le arnie di tutta la valle”, ha dichiarato Zanella, “Nell’ultimo periodo minimo 15 aggressioni. Non possiamo adoperare gli strumenti elettrici dissuasivi in quanto le batterie col gelo d’inverno non possono funzionare”. Gli apicoltori hanno quantificato fino adesso un danno di minimo 10 mila euro e denunciano che non vogliono lavorare per “guadagnare” gli indennizzi: è un lavoro fatto innanzi tutto di passione e poi per avere il giusto riconoscimento per i propri sforzi. Quale sarà la soluzione? Forse ministero dell’Ambiente e animalisti, visto che anche le api sono animali e oltretutto in questo periodo molto importanti per il fenomeno dell’impollinazione, debbono trovare una giusta ed equilibrata soluzione. Oltretutto, come già abbiamo già scritto altre volte, il fenomeno del letargo mancato andrebbe indagato da ricercatori qualificati, visto che nemmeno con simili quantità di neve molti orsi del Trentino ritengono di sospendere la propria attività. Sempre più, invece, continuano a vagare nei paesi e nei loro dintorni per raccattare fonti di cibo che a quanto pare sono molto più gustose e molto più facili da reperire. Per cui urgono nuove strutture per la protezione della spazzatura e anche sistemi di allevamento delle api come in Slovenia, chiamate case per le api, con moderni sistemi di protezione appositamente studiati per resistere ad attacchi da orso.