L’approvvigionamento di armi da parte dei terroristi islamici presenti sul territorio europeo, sembra aver dato vita a un nuovo fenomeno: quello del micro-contrabbando, e la centrale dello spaccio sembra proprio essere il Belgio. Come ha spiegato al Financial times Claude Moniquet, ex agente dei servizi segreti francesi e co-fondatore dell’European strategic intelligence and security center, “pochi anni fa un Ak 47 con 400 cartucce costava 400 euro. Oggi, il prezzo arriva a 2.000 euro”. Il motivo di questa “inflazione” è semplice: “vendere armi ai criminali è un conto”, ha ricordato Moniquet, “fare affari con i terroristi è un altro. Se vendi a un criminale comune vieni condannato a non più di tre anni di carcere, ma se vendi a un terrorista rischi vent’anni”.
Questo stato di cose ha portato a risultati paradossali: oltre ai consueti canali di approvvigionamento, che fanno riferimento a traffico internazionale “vero” e si basano sulle scorte di armi provenienti da Bosnia, Serbia e Croazia, si sta assistendo al fenomeno del “micro-contrabbando”: piccoli criminali locali dell’area balcanica, che acquistano “a casa” due, tre, cinque o dieci Ak per 3-400 euro l’uno, li caricano su una semplice automobile e li rivendono in Belgio o in Svezia al loro prezzo corrente, anche superiore ai 2 mila euro. Questo è quanto riferisce, tra gli altri, Ivan Zverzhanovski, capo del Centro dell'Europa sudorientale e orientale per il controllo delle armi leggere (Seesac).
Perché proprio il Belgio? Molti degli attentatori islamici che hanno colpito la Francia negli ultimi mesi venivano dal Belgio: anche i due fratelli Abdeslam, la cui famiglia è originaria del “ghetto” di Molenbeek, alla periferia di Bruxelles. La ragione è che in Belgio, più che in altri Paesi, è possibile passare inosservati all’autorità, per due ragioni fondamentali: la prima è che si tratta di un Paese diviso da ostacoli linguistici (la popolazione e le forze di polizia parlano francese, olandese e anche tedesco). Inoltre, sobborghi poveri e degradati come appunto Molenbeek sembrano essere completamente al di fuori del controllo delle forze dell’ordine: si tratta di una vera e propria enclave del Marocco (i cittadini belgi lo chiamano spregiativamente “Maroc-enbeek”), piena di “case sicure” nelle quali è possibile occultare armi, esplosivi e altri equipaggiamenti al riparo da occhi indiscreti fino al momento dell’attentato. Inoltre, spesso il Belgio viene utilizzato come "canale di ingresso" per l'Europa, come via di transito ma senza rimanervi a lungo, rendendo così il compito delle forze di polizia locali ancora più arduo.
Insomma, sembra che le autorità europee abbiano ben chiaro quale sia la piaga infetta: forse intervenire non è così facile né immediato, ma di certo si hanno conferme quotidiane del fatto che le armi da fuoco legittimamente possedute dai cittadini onesti (anche di aspetto cattivo, certo) NON sono il problema e NON hanno collegamento alcuno con il terrorismo.