La recente puntata della trasmissione Le Iene ha dedicato un servizio al problema dei cervi in Abruzzo, prendendo spunto dall’invasione di questi animali nel centro del paese di Villetta Barrea. Noi, che non siamo certo poco critici quando si parla di animali, di caccia e dei problemi che ne derivano, dobbiamo constatare che una trasmissione che viene definita semplicisticamente “talk show”, ha gestito la questione molto meglio rispetto alle varie inchieste, o presunte tali, che il sedicente giornalismo professionista propina a sua immagine e somiglianza cercando sempre di evidenziare la cattiveria del cacciatore e la grande bontà dell’animalismo nostrano. Rimarcando ancora che il suddetto giornalismo ha, come dovrebbero ricordare, un codice deontologico che imporrebbe di riportare i fatti nella loro realtà e non di rappresentarli da “tifosi” di quella o quell’altra schiera.
Tornando al servizio, di circa 15 minuti, subito l’intervistatrice ha messo in risalto i problemi degli allevatori, che denunciano i maggiori danni proprio dai cervi, anziché da lupi od orsi. Ben rappresentato anche il capo delle Guardie del Parco nazionale, che ha sottolineato il problema della convivenza fauna-turisti e abitanti del luogo, portando alla ribalta gli incidenti stradali e il vizio di alimentare i cervi con cibo umano, a tal punto che ormai un gruppo di circa 40 vive con continuità nel paese. Sono seguite diverse riprese in cui si evidenziano cervi maschi impigliati con le corna in fili spinati, recinti, fili dei panni e altri manufatti abbandonati, che mai nessuna tv o inchiesta ha reso visibili in precedenza.
Negli interventi dei vari animalisti si parla solo di “stragi” e “sterminio”, portando così il pubblico a pensare che l’operazione messa in atto non sia di semplice “contenimento” bensì di “eradicazione”, cosa che non è. Il servizio ha sottolineato anche come la presenza dei cervi sia ormai tanto densa da aver superato il limite della frequenza su ogni ettaro stabilita dall’Ispra. L’unica cosa non chiarita è che, diversamente da quanto riportato dagli animalisti, i cacciatori non “comprano” il diritto di cacciare un cervo. Ma è il contrario. Ovvero, dopo tutti i soldi che pagano di tasse, concessioni governative, attrezzature, armi, corsi di specializzazione, se abbattono un animale devono pure pagare. E che i soldi vadano ai vari Atc è assolutamente normale: hanno anche loro le spese normali di gestione, impiegati, tecnici faunistici che effettuano stime, calcoli e censimenti. Ben ribaditi anche i mancati indennizzi per i danni subiti. Dice bene una signora intervistata, quella di molti sul cervo è una visione disneyana, rimarcata anche dai tanti rimproveri evidenziati nelle riprese ai turisti, che li avvicinano con cibo, carezze e altre “umanezze” varie, fatti a gran voce dalle guardie che continuamente cercano di allontanarli o di mettere in guardia dai pericoli di tale confidenza tra l’uomo e animali che, comunque, pesano centinaia di chilogrammi e hanno corna appuntite. Ma la verità, sottolineata più volte, è che i cervi nei paesi portano business: innanzi tutto all’animalismo in sé, che fa vedere che salva gli animali dai cacciatori cattivi, ma soprattutto cerca di far pensare che così dovrebbe essere la Natura. Vai in gita e accarezzi orsi, cervi, leoni ed elefanti se sei fuori Europa, e magari ti porti a casa anche il regalino merchandise del Wwf che fa tanto salvatore del pianeta. Che si cominci finalmente, grazie alle Iene, a dire la verità?