] Spettabili Associazione nazionale produttori armi e munizioni e Comitato nazionale Caccia e Natura, le nostre testate intendono porre in evidenza una situazione di notevole gravità. Sembra che la valenza di quanto andiamo a esporre, sia sotto il punto di vista etico, sia sotto l’aspetto meramente commerciale, sia fino a questo momento sfuggito alla Vostra considerazione: riteniamo quindi doveroso porre chiaramente e direttamente la questione al Vostro giudizio affinché possiate, se riterrete la cosa degna di attenzione, porre in atto tutte le iniziative che riterrete opportune. Ci riferiamo alle sempre più diffuse e insistenti notizie relative a iniziative degli organi della pubblica sicurezza tese a ricondurre le armi, camerate per munizioni dotate di bossolo di misura inferiore a millimetri 40, al novero di armi comuni da sparo e non più a quello di armi da caccia, indipendentemente dal diametro della palla. A tale fine, il ministero, pur essendosi pronunciato più volte diversamente con atti ufficiali, ha già provveduto a variare in tal senso le indicazioni sull’edizione web del Catalogo, creando un’insostenibile situazione di incertezza, in spregio a tutte le regole di uno stato civile. Già dall’entrata in vigore della legge n° 110/1975 si pose il problema di identificare le armi da caccia per distinguerle da quelle “comuni” in senso lato, sia ai fini venatori sia ai fini della individuazione del numero di armi in concreto detenibili senza licenza di collezione. Sin dall’entrata in vigore della legge n° 968/1977 (legge abrogata sulla caccia) si era imposta la tesi che debbano essere qualificate armi da caccia quelle consentite per l’uso venatorio in ambito nazionale (con esclusione quindi di armi e di calibri che vengono utilizzati per la caccia in Stati esteri, ma non consentiti dalla legge italiana). La legge abrogata, all’ articolo 9, individuava come “mezzi di caccia” e quindi come armi consentite: – il fucile ad anima liscia (…) di calibro non superiore al 12; – la carabina a canna rigata di calibro non inferiore a millimetri 5,6 con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a 40 millimetri; – il fucile combinato con canne ad anima liscia di calibro non superiore al 12 e con canna rigata di calibro non inferiore a millimetri 5,6 con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a 40 millimetri. Su tale disposizione interveniva una circolare del ministero dell’Interno (risposta a quesito del ministero dell’Agricoltura e Foreste in data 19 febbraio 1979), che su conforme parere della Commissione consultiva centrale per il controllo delle armi, affermava di ritenere che “il disposto di cui al 2° comma dell’articolo 9 della legge 27 dicembre 1977 n° 968, sulla caccia, riguarderebbe unicamente il divieto di armi impieganti cartucce in calibro 22 a palla oppure 221, perché solo in tali cartucce si riscontrano i due requisiti ostativi previsti dalla legge, cioè l’indicato calibro e bossolo di altezza inferiore a 40 mm”. L’articolo 13 della legge 11 febbraio 1992, n° 157, nuova legge sulla caccia tuttora vigente, ha ripetuto letteralmente la medesima definizione relativa ai mezzi di caccia consentiti, già presente nella legge abrogata (con la sola “dimenticanza” del requisito della lunghezza del bossolo relativamente ai soli fucili combinati). Sulla questione della individuazione delle armi impiegabili per uso venatorio, in relazione alla nuova legge sulla caccia, interveniva un articolo di Angelo Vicari (all’epoca vice questore aggiunto della polizia di Stato di Pistoia) su “Rivista di polizia”, fascicolo X – Ottobre 1995. In tale articolo si sosteneva, con dovizia di argomentazioni, che tutte le armi lunghe a canna rigata di calibro superiore a 5,6 millimetri sono impiegabili nella caccia e che il requisito della lunghezza del bossolo sia riferibile alle sole armi in calibro 5,6. Secondo l’opinione espressa nel citato articolo, sarebbero escluse dall’uso venatorio unicamente le armi in calibro inferiore a 5,6 e quelle di calibro pari a 5,6, ma con bossolo di altezza inferiore a 40 millimetri. Tale opinione, condivisa dalla Commissione consultiva per il controllo delle armi, è stata pienamente recepita dal ministero dell’Interno, che l’ha trasfusa nella circolare 6 maggio 1997, n° 559/C-50.065-E-97, “Articolo 13 della legge 11 febbraio 1992, n° 157 – Mezzi per l’esercizio dell’attività venatoria” (Gazzetta Ufficiale 28/5/1997, serie generale n° 122). A quanto precede, deve aggiungersi che l’analisi dei lavori parlamentari ha chiarito che – come già nella precedente legge sulla caccia – la finalità della disposizione in esame è unicamente quella di vietare per la caccia i calibri .22 a percussione anulare (in particolare il .22 lr). Ci viene oggi segnalato da più parti che da qualche tempo nel sito della polizia di Stato http://www.poliziadistato.it le schede di catalogazione (disponibili sul sito attraverso un motore di ricerca interno), relative ad armi che sparano cartucce con bossolo di lunghezza inferiore a 40 mm, recano l’ indicazione “arma comune”, mentre in quelle relative ad armi che sparano cartucce con bossolo di lunghezza maggiore indicano la dicitura “uso consentito per l’attività venatoria”. Sulla base di tale singolare agire, si registrano iniziative, al momento sporadiche, di svariati organi di pubblica sicurezza (commissariati, stazioni carabinieri) che impongono ai cittadini di inserire le armi lunghe in calibri come il .44 magnum (bossolo di altezza inferiore a millimetri 40) tra le armi comuni e non tra quelle da caccia. È appena il caso di rappresentare che una siffatta presa di posizione da parte del ministero dell’Interno avrebbe conseguenze gravissime ed effetti incalcolabili sul settore della produzione e della vendita di armi da caccia. A tale proposito basterà considerare che tutto il settore delle armi lunghe a leva (nuove o repliche), che diventerebbero per la maggior parte “armi non utilizzabili per l’uso venatorio”, rischia un totale tracollo, non potendo essere acquistate e detenute in numero superiore a tre (comprese le armi corte) a meno di non disporre di licenza di collezione. È indubbio, poi, che le iniziative ministeriali si riverbererebbero inevitabilmente sulle persone che hanno denunciato come armi da caccia le armi che sparano cartucce con bossolo di lunghezza inferiore a millimetri 40, le quali rischierebbero il sequestro delle armi e la denuncia per un reato (articolo 10, ultimo comma della legge n° 110/1975) che prevede la reclusione da uno a quattro anni e la multa da 206 a 1.032 euro. D’altra parte appare incomprensibile come sia possibile che, a fronte di un orientamento interpretativo consolidato da circa trent’anni, si possa in modo surrettizio porre il mondo dei cacciatori, degli appassionati e di chi delle armi si occupa a livello professionale, come fabbricante o come commerciante, di fronte a un inspiegabile e inaccettabile ribaltamento, indegno di uno stato civile e democratico. Chi sta lavorando in tal senso sembra non rendersi conto del danno che provocherà al settore e dei disagi che recherà e alle migliaia di persone che hanno regolarmente acquistato per usi venatori carabine che, da un giorno all’ altro, si trasformeranno in armi comuni, con le conseguenze che Vi lasciamo immaginare. Ci rivolgiamo quindi a Voi, affinché sia ben chiaro al mondo degli appassionati e degli operatori del settore che la cosa è stata direttamente e pubblicamente posta alla Vostra attenzione, spronandovi ad assumere adeguate iniziative idonee alla difesa delle categorie che rappresentate. [
] La risposta del presidente Anpam, Carlo Peroni Vi ringraziamo per aver fatto riferimento all’importante questione dei calibri idonei all’uso venatorio che, tuttavia, è da tempo oggetto di nostro particolare impegno. La posizione dell’ANPAM, peraltro condivisa anche da CAB ed ASSOARMIERI, è stata da tempo formalizzata agli Uffici competenti del Ministero dell’Interno. Da quando è iniziata la discussione sulla problematica, l’Associazione è presente nella trattazione e nella difesa dei legittimi interessi di operatori, appassionati e privati detentori, essendo ben consapevole dei gravissimi inconvenienti, oltre che dei rilevanti danni, che una disapplicazione della Circolare potrebbe provocare nell’intero mercato delle armi da caccia. Sono state inoltre intraprese iniziative a più livelli ed è stata fornita assistenza giuridico – legale ai procedimenti giunti alla nostra attenzione, con esiti, per quanto ci è dato sapere, finora apprezzabili. Per tranquillità di operatori ed appassionati desideriamo assicurare il massimo impegno dell’ANPAM nel proseguire nel confronto sulla delicata questione. [
] Con cordiali saluti. Carlo Peroni