Il problema lupo, non dovrebbe essere proprio un problema. E se la razionalità di tutti gli interessati fosse super partes, non dovrebbe provocare alcun conflitto. Ma non si può nascondere la testa sotto sabbia per non riconoscere che il mondo rurale è subissato di problemi causati dal lupo nei confronti degli animali domestici e d’allevamento. I lupi nostrani, essendo molto intelligenti, hanno diversificato gli obiettivi delle incursioni: chi ancora si illude o propaganda che i cacciatori potrebbero non servire più perché cinghiali, cervi, caprioli, daini eccetera saranno ridotti di numero dai lupi, chiacchiera perché ha interesse a dire così, oppure non frequenta il territorio. Siamo anche arrivati a dover leggere e sentire che sarebbero i cinghiali, in realtà, a predare i cani domestici. I cinghiali si nutrono delle carcasse che trovano, ma non vanno certo ad assalire i cani per nutrirsene. Tra i selvatici, chi sente la pressione del lupo è sicuramente il capriolo, specialmente piccoli e giovani. Cinghiali e cervi molto meno, in quanto tranne qualche piccolo, un cervo maschio o un branchetto di cerve sono troppo difficili da insidiare e spesso si rischia la vita a farlo. Cinghiali non ne parliamo: qualche striato o rosso, sempre se mamma cinghiala è distratta, quasi mai adulti maschi in salute. Le femmine sono sempre in branco e si difendono efficacemente, con i morsi. Per cui, per il lupo, meglio occuparsi di cibo nel quale si investe poco e si raccoglie molto: cani da caccia, da ferma e da seguita, da compagnia, gatti di casa girandoloni, pecore (vittime predestinate di natura), puledri e tanta monnezza. Che in Italia non manca mai in nessun centro abitato e dintorni. L’ultimo giorni fa, ripreso di mattina presto davanti alla Conad di Subiaco, vicino Roma, che faceva la “spesa” tra la merce abbandonata sulla strada. Altrettanta aria fritta è propagandata da coloro che si sforzano a voler portare “esperienze”, lette naturalmente, sul parco di Yellowstone, che secondo loro sarebbe “rinato” da quando i lupi sono tornati nei suoi confini. Innanzitutto parliamo di un parco di circa 900.000 ettari. Quanto l’intera Corsica. Il nostro più grande per esempio è il Pollino, con nemmeno 200.000 ettari. Tranne i turisti, e i circa 3.500 lavoranti, Yellowstone è una zona senza grandi città, paesi, senza allevamenti, industrie e altri insediamenti umani. Contrariamente a quanto rappresentano invece i nostri territori. Per cui a Yellowstone i lupi cacciano spesso in branchi, anche numerosi e possono, seppur con fatica, abbattere animali anche di grossa mole, come i Wapiti. Da noi i lupi se abbattono un grosso animale, ovvero dai 60-70 kg in su, non lo possono portare via e debbono tornare sulla carcassa, che spesso rimane in vista e, quindi, scoraggia il ritorno.
I lupi nostrani, quindi, non possono effettuare una predazione più o meno omogenea per classi di età, ma al massimo possono solo insidiare i nuovi nati. Per cui, alla fine la scelta si orienta su un cane da caccia o da compagnia di circa 15-25 kg, che non ha una reazione efficace, o una pecora.
Per cui, alla fine, il lupo in Europa non deve essere paragonato assurdamente a realtà completamente diverse. Banalmente, invece, deve essere gestito. Benissimo la salvaguardia che lo ha riportato ai numeri che conosciamo. Ma con i numeri attuali, dovrebbe passare senza problemi a “protetto”, e non più “rigorosamente protetto”. E, conseguentemente, essere circoscritto là dove produce troppi danni. Senza dover trasformare l’Italia intera in un recinto elettrificato, costringendo allevatori e pastori a montare e smontare continuamente reti e chiusure, che spesso il lupo sa bene come violare. La scienza serve a questo.