L'Associazione nazionale magistrati si è scagliata contro Angelo Mascolo, il magistrato trevigiano che ha annunciato di volersi armare. Ma la legge diversamente dai comuni cittadini, glielo consente!
Le dichiarazioni di Angelo Mascolo, il magistrato trevigiano che dopo una brutta avventura (che sarebbe potuta anche finire peggio) ha denunciato pubblicamente che “lo Stato ha perso completamente e totalmente il controllo del territorio” e ha annunciato di volersi armare, hanno destato le ire della Giunta veneta dell’Associazione nazionale magistrati, la quale ha espresso “sgomento dinanzi alle esternazioni pubbliche del collega Angelo Mascolo” e se ne è dissociata, “riservandosi di interessarne il collegio dei probiviri per le valutazioni disciplinari”. “I magistrati veneti”, prosegue la nota, “a differenza del collega Mascolo, credono profondamente nello Stato e si impegnano ogni giorno a difenderlo e a difendere tutti i cittadini senza ricorrere alla violenza o alle forme di vendetta e omicidio che il collega Mascolo richiama a sproposito e pare anzi auspicare; lo fanno, ogni giorno, nel rispetto delle leggi e dei principi di civiltà giuridica che connotano il nostro paese e che hanno consentito di debellare il terrorismo politico e ridimensionare la mafia”.
Parlando di leggi e principi giuridici, è opportuno però ricordare che ai magistrati è consentito, appunto, dalla legge (art. 73 regolamento di esecuzione al Tulps, integrato dalla legge 36/90) di poter acquistare, detenere e portare armi per difesa personale senza la necessità di richiedere il porto d’armi.
Si può, quindi, ritenere che gli “strali” dell’Anm possano essere eventualmente giustificati nel caso in cui un magistrato (come Mascolo, appunto) esprima la propria sfiducia nei confronti dello Stato, non certamente per la decisione di armarsi, visto che è la legge stessa a consentirlo, tra l’altro senza neanche la necessità di produrre un certificato medico.