Altro attentato in un centro commerciale di Greenwood, Indiana, ma questa volta l’azione del folle che ha iniziato a sparare sulla gente è stata interrotta praticamente subito, da un 22enne legalmente armato che ha reagito. Il bilancio conclusivo è di 3 vittime e di 2 feriti, uno dei quali, una ragazzina di 12 anni, per fortuna in forma lieve e l’altro è ricoverato in ospedale, ma stabile.
Anche in questo caso, come già abbiamo avuto modo di commentare nel 2019 per la mancata strage di Fort Worth, in Texas, la presenza sul posto di un cittadino legalmente armato, che ha avuto la possibilità di reagire immediatamente, ha consentito di contenere al minimo il bilancio di vite spezzate che, altrimenti, sarebbe stato decisamente più drammatico.
Per quanto riguarda il fenomeno degli “active shooting” (prendendo in considerazione anche gli eventi con meno di 4 vittime, giacché oltre le 4 si parla negli Usa di mass shooting), cioè delle sparatorie indiscriminate sulla gente condotte da pazzi maniaci, che sembrano in effetti essere un fenomeno tipicamente legato alla cultura americana, uno studio del New York times ha evidenziato come, tra 2000 e 2021, si siano verificati ben 433 eventi. Il 2021 per il momento guida la classifica assoluta, con 61 eventi. È interessante notare che, secondo lo studio del New York times, ben il 57 per cento di questi eventi di “active shooting” (249 casi su 433) si siano conclusi ancora prima dell’arrivo delle forze dell’ordine, perché l’attentatore, una volta raggiunto l’obiettivo ritenuto “congruo” in termini di vite umane, ha deciso di suicidarsi (72 casi) o addirittura, in 113 casi, ha avuto modo di allontanarsi illeso dalla scena del crimine. In altri 64 casi, l’active shooting è stato interrotto prima dell’arrivo delle forze dell’ordine perché i presenti sono riusciti a immobilizzare l’attentatore (42 casi) o perché sono riusciti a sparargli (22 casi). In quest’ultimo frangente, dei 22 sparatori, 3 erano poliziotti fuori servizio, 7 erano guardie giurate, 12 erano normali cittadini legalmente armati.
Uno degli elementi che non vengono menzionati nell’indagine del New york times è, incidentalmente, anche uno dei più importanti per la comprensione del fenomeno, ed è relativo al bilancio delle vittime nei casi in cui l’active shooter è stato a sua volta oggetto di colpi d’arma da fuoco sparati da un legale detentore, con particolare riferimento alla media delle vittime degli altri active shooting. Nei casi di questo tipo che abbiamo avuto modo di analizzare (come quello di Fort worth del 2019, ma anche nel presente caso di Greenwood e, poche settimane fa, in quello di Charleston, questi due tuttavia sono ovviamente fuori dalla statistica perché avvenuti nel 2022), il numero di vittime è sempre stato inferiore a 4 (soglia, come ricordato, oltre la quale un “active shooting” diventa “mass shooting” nelle indagini statistiche Usa) e, anzi, nel caso di Charleston la reazione della donna armata ha consentito di arrestare l’azione del folle prima ancora che vi fosse una sola vittima.